Un’altra giornata con l’Italia al centro della scena, ieri, 5 settembre, al Festival di Venezia. In primo luogo “Pivano Blues: sulla strada di Nanda”, documentario fuori concorso dedicato alla immensa Fernanda, diretto dalla giornalista cinematografica “atipica” Teresa Marchesi, che giunge dopo “Effedià”, altro atto d’amore, in quel caso per l’arte e per l’umanità di Fabrizio De Andrè, passato al Festival di Roma dello scorso anno, nonostante un’alluvione epocale. Un documentario che è un piccolo capolavoro, con dentro tanto blues: una parola che racchiude tutte le sfaccettature dell’animo che la traduttrice di testi, culture e ideali Fernanda Pivano, ha portato in Italia dalla sua amata e contestata America, a partire da “Sulla strada”, il capolavoro di Jack Kerouac, scoperto grazie a lei.
Nel documentario Lorenzo Cherubini, Abel Ferrara, Piero Pelù, Vasco Rossi, Francesco Guccini (che confessa dopo anni che Dio è morto forse è figlio dell’incipit dell’Urlo di Ginsberg), Luciano Ligabue, De Andrè e Dori Ghezzi, Morgan, la P.F.M., Vinico Capossela, Jay Mic Inerney, Erica Jong, Patti Smith e Lou Reed, esprimono il loro tributo commosso e riconoscente alla grande “Nanda”, in un documentario di 75 minuti che ci consegna pezzi di vita di miti assoluti, raccolti dalla mano, dal microfono delicato e caparbio dell’autrice: regista appassionata, ostinata e talentuosa.
Applausi, ma anche fischi e critiche, invece, per il docu-film su Vasco Rossi, girato quasi totalmente a Zocca, la città del noto rocker, che a causa delle condizioni di salute non solo non è a Venezia, ma ha anche dovuto disertare le ultime tappe del suo tour 2011.
Fischi dalla platea di Venezia per Monica Bellucci, che non è piaciuta nel film “Un été brulant”, opera prima di Philippe Garrel, mentre lo stesso pubblico riserva una strepitosa accoglienza a “Io sono Li”, esordio al lungometraggio di Andrea Segre, storia di un amore fra due culture profondamente diverse, quella cinese e quella veneta-chioggiotta, che esplora i temi della contaminazione e della crisi identitaria al centro di periferie multietniche come quelle del Veneto, una regione che affascina il regista perché passata in breve tempo da terra di emigrazione a terra di immigrazione. E Segre è tra i primi a firmare un appello rivolto al governo, che non è solo un monito a ricordarsi delle vittime di guerra, ma una vigorosa denuncia della posizione italiana nel conflitto in Libia e del trattamento riservato dalle istituzioni agli immigrati che raggiungono le coste italiane. Nell’appello, i registi e gli attori firmatari (Guido Lombardi, Marco Paolini, Giuseppe Battiston, Valerio Mastrandrea, Elio Germano, Roberto Citran, Gaetano Di Vaio, Luca Bigazzi, Francesco Bonsembiante, Marco Tullio Giordana, Daniele Vicari, Daniele Gaglianone ed altri ancora) chiedono al governo l’impegno a “non replicare mai in futuro la scellerata politica dei respingimenti, attivata nel maggio 2009 con l’allora ‘amico’ Gheddafi nonostante le denunce di vari organismi internazionali. Nessun respingimento in mare è accettabile, né verso la Libia né verso altri Paesi, come purtroppo sembra stia succedendo nelle ultime settimane con la Tunisia”. Inoltre si richiede l’abolizione del reato di clandestinità (già bocciato dalla Corte di Giustizia Europea) e il blocco del prolungamento a 18 mesi della detenzione nei Centri di Identificazione ed Espulsione, “la cui organizzazione e funzione va completamente ripensata essendo diventati luoghi di intollerabile sospensione dei diritti, di forte umiliazione delle dignità personali e di isolamento civile e democratico”.
Piaciuto moltissimo, poi, un altro film d’esordio, lo splendido “Cavalli” di Michele Rho (classe 1994), con Vinicio Marchioni, Michele Alhaique, Giulia Michelini, Asia Argento, Andrea Occhipinti, inserito in “Controcampo”. Prima della proiezione del film, prodotto da Settembrini Film in collaborazione con Rai Cinema e con la partecipazione di Regione Toscana – arriverà nelle sale con Lucky Red – due giovani attori, Luigi Fedele e Francesco Fedele, sono arrivati al tappeto rosso in sella a due cavalli purosangue marroni, accolti dal direttore Marco Muller, con ombrellino cinese (non a caso lui è sinologo) per ripararsi dalla pioggia. Il film, che è stato girato fra aprile e maggio scorso fra Toscana ed Abruzzo, è ambientato alla fine dell’Ottocento, in un paesino degli Appennini, in una casa sperduta in mezzo a una vallata e racconta la storia dei due fratelli diversi e legatissimi. I due bambini, di undici e tredici anni, spensierati e pieni di energia, vivono come due animaletti selvaggi, cacciandosi sempre nei guai e trascorrendo le loro giornate tra le corse con i carretti, i tuffi al fiume e i furti nella cantina. Alla morte della madre, il padre vende gli ultimi averi per regalare ai figli due bellissimi puledri non ancora domati, Baio e Sauro. Divenuti adulti, mentre Alessandro sente crescere il desiderio di oltrepassare le montagne e andare lontano, Pietro vuole diventare un allevatore e vivere con Veronica, la ragazza che ama. Nel nutritissimo cast della pellicola anche Giulia Michelini, Duccio Camerini, Cesare Apolito, Fausto Maria Sciarappa, Marco Iermano. Una storia tra parabola e fiaba, piena di archetipi, girata con mano ferma ed indubbia capacità tecnica e narrativa dal giovanissimo regista.
Va detto infine che se il 2010 è stato, attorialmente parlando, l’anno di Vinicio Marchioni, scoperto e premiato grazie al film di Amadei “20 sigarette” (che vedremo a l’aquila in un evento con l’autore, nella prossima primavera a cura de “La Lanterna Magica”), quest’anno la 68esima Mostra rischia di rimanere in memoria per il lancio di nuovi attori trentenni, la cosiddetta “thirty something”: facce nuove, entusiasmo da vendere, un impegno a 360 gradi che parte da lontano e non esclude il teatro, la tv di qualità, le esperienze militanti stile occupazione del Valle, un forte spirito di gruppo. E se il pubblico pare aver riscoperto i film nazionali, molto del merito è di protagonisti che si chiamano Elio Germano, Valeria Solarino, Valeria Bruni Tedeschi, Michele Riondino, Valentina Lodovini, Vittoria Puccini, Michele Alhaique e Vinicio Marchioni.
Anche solo parlando di uomini (argomento scabroso per un maschilista come lo scrivente), se dopo il deludente “Shame”, di Steve McQueen ed il dubbio “The Ides of March” di – e con – George Clooney, Michael Fassbender e Ryan Gosling sono stati definiti i “nuovi sex symbol” del cinema, che dire dei nostri attori, che oltre a bei visi e fisici invidiabili sanno anche esprimere al meglio la bellezza variegata dei più diversi sentimenti? Per non parlare poi del confronto, tutto a nostro vantaggio, fra, ad esempio, la bella e vuota Jessica Chastain, protagonista di "Wilde Salomè" con Al Pacino e l’esercito di belle, ma anche brave, attrici nostrane.
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