Il concept e il sito, sbocciato come una community virtuale, ha origine oltre 20 anni fa, nel 2001, dall’impegno di Sean Suhl e Selena Mooney “Missy Suicide”, per mostrare belle ragazze punk senza veli. In pratica la community voleva proporre una maniera ad hoc per rilanciare la propria sessualità. Ed averne il pieno controllo.
Il portale raccoglie oltre 2000 foto di ragazze, ed è diventato un vero e proprio fenomeno virale. Funziona anche come comunità virtuale con profili utenti, gruppi tematici e forum di discussione.
Esistono anche numerose pagine Instagram dedicate alle Suicide Girls, con migliaia e migliaia di followers, con una carrellata di foto di bellezze non convenzionali.
Pare che il nome tragga suggerimento da un romanzo di Chuck Palahniuk. In Survivor lo scrittore ha usato questo termine. In questo caso il suicidio non vuole essere inteso come un particolare macabro, ma si riferisce al perbenismo e agli stereotipi dannosi. Come per esempio la presentazione della donna solo come una santa, pudica, un angelo del focolare. Insomma, il messaggio che si recepisce nell’immediato è quello di una sorta di movimento di liberazione della donna, con ragazze ricoperte di tatuaggi, di piercing, con capelli colorati di tinte multicolor.
Lo stile è soprattutto dark, punk, indie e alternativo in generale. Si vuole mostrare una bellezza e un pensiero non convenzionale. Esempi che si sovrappongono agli stereotipi più classici della donna. Le ragazze sono rappresentate da servizi fotografici professionali o non, oltre che da blog scritti da loro stesse.
Fra le categorie del sito troviamo: dread, cosplay, cute, pierced, nipples, hardcore ed altro. Nonostante sul portale non si faccia scouting, appaiono numerose le domande di partecipazione alle suicide girls. Anche su Facebook esiste il gruppo italiano delle Suicide Girls e conta migliaia di followers.