"Il lato oscuro degli uomini. La violenza maschile contro le donne: modelli culturali di intervento". E’ questo il titolo del libro a cura di Alessandra Bozzoli, Maria Morelli e Maria Grazia Ruggerini, uscito due mesi fa.
Il volume è la prima ricerca in Italia che censisce le esperienze d’avanguardia rivolte agli uomini violenti nel nostro Paese, nelle carceri e nei centri, in ambito privato e pubblico, offrendo anche un quadro di programmi diffusi a livello internazionale. Nella seconda parte del volume vengono presentate le riflessioni e le proposte di studiosi e studiose di svariate discipline e le esperienze di operatrici e operatori con ruoli professionali diversi che si occupano del fenomeno.
Una pluralità di voci per analizzare, da diverse angolazioni, le ragioni e le motivazioni che "spiegano" i comportamenti violenti degli uomini e per ribadire la necessità di un cambio di ottica in grado di trasformare "il maschile" da problema a risorsa nella lotta contro la violenza.
E’ importante essere coscienti del problema del femminicidio perché viviamo in un momento di profonda crisi sociale, culturale ed economica. Attraversiamo un periodo della storia del Paese in cui affiorano comportamenti arcaici, di involuzione e di indebolimento della coscienza. Ed è in momenti come questi che avviene il Gender backlash: una forma di contrattacco che colpisce le donne con una guerra non dichiarata alla loro libertà e al loro benessere. A livello cosciente il backlash procede con la cancellazione dei diritti e delle opportunità femminili.
Da un punto di vista politico, questa inadeguatezza della società a stare al passo con l’emancipazione femminile si riflette nella risposta delle istituzioni spesso tardiva o inadeguata alle denunce di violenza da parte delle vittime. Spesso vi è stata violenza per molto tempo in molte situazioni che si concludono con morte della donna. Ogni volta che un uomo è violento, questa violenza nasce da un sentimento di helplessness, di fragilità, considerata inaccettabile, alla quale egli cerca di resistere picchiando.
Gli psicologi sottolineano come la violenza sia per molti violenti il tentativo di controllare la depressione, derivata da sentimenti di umiliazione inaccettabili. Spesso queste persone sono cresciute in ambienti violenti, essendo umiliate o maltrattate dalle figure di riferimento. Tenuto conto che già esistono nel nostro ordinamento leggi abbastanza severe in materia e che gli atti di violenza sulle donne assumono tante modalità diverse e vengono attuati i tanti diversi contesti, c’è da chiedersi se sia necessario pensare a nuove fattispecie di reato o ad aggravanti.
Questo tipo di violenza affonda le sue radici nella discriminazione di genere, in una concezione proprietaria della donna, in un certo maschilismo presente nella nostra società. Una cosa appare evidente: otterremo dei risultati positivi solo educando le nuove generazioni, in famiglia, nella scuola e nei luoghi di socializzazione. La strada è lunga.
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