Sono stati per anni le facce del ciclismo italiano e i loro volti restano come foto sfocate nella memoria collettiva. Anche sul traguardo dei 70 anni – Felice Gimondi li compira’ domani, 29 settembre – due dei suoi grandi rivali italiani, Vittorio Adorni (classe ’37) e Gianni Motta (’43) continuano a correre insieme. ‘Che bello pensare a quei tempi – ricorda il parmense Adorni, suo primo compagno di squadra e di stanza a inizio degli anni ’60 – Quello si’ che era ciclismo, si viveva per correre, avevamo l’entusiasmo, la voglia di vincere e c’erano le strade piene di gente e di polvere.
Felice e’ stato assolutamente il migliore della sua epoca – dice l’ex portacolori della Salvarani, campione del mondo a Imola nel ’68 – Io posso dire di averlo conosciuto fin da ragazzo, Sono stato stato suo compagno di camera appena diventato professionista e si vedeva subito che aveva grandi doti, anche di carattere. Era un ciclista che abbinava la forza fisica al temperamento, un ciclista tattico, dotato tecnicamente, tant’e’ che ha vinto subito. Poi nel 1966 ci siamo lasciati, lui resto’ alla Salvarani, io passai alla Faema. Siamo diventati rivali ed e’ stato il piu’ forte con cui ho gareggiato. Fino ad allora le corse erano state un affare tra noi italiani, Felice, Gianni (Motta, ndr) e io, poi e’ arrivato Eddy e ci ha messo tutti in riga’.
Un antagonismo che era frutto solo di rivalita’ sportiva, ricorda Adorni che nel ’71, appesa la bicicletta al chiodo, ando’ a fare il direttore sportivo proprio di Gimondi che porto’ al titolo iridato nel 1973. ‘Oggi lo ricordo come un amico, un grande amico e un grande avversario – dice con una punta di nostalgia il parmense Adorni, grazie al quale, tra l’altro, Gimondi conobbe la moglie Tiziana – piu’ amico che avversario. Credo che nella sua epoca e’ stato il piu’ grande ciclista italiano, il piu’ grande in assoluto dopo Coppi, Bartali e Magni. Ha avuto solo la sfortuna di correre sulle stesse strade dove correva Merckx. Senza Eddy avrebbe vinto molto di piu’, ma anche la presenza di un fuoriclasse assoluto come Eddy ha dato lustro alle vittorie di Felice e di tutti noi. Felice ha voluto continuare a pedalare fintantoche’ non e’ riuscito a batterlo. E alla fine ci e’ riuscito’.
Entusiasmo e avventura fanno da sfondo anche ai ricordi dell’antagonista principe di Gimondi negli anni ’60: Gianni Motta. Il suo nome riecheggia, nella mente degli appassionati dai cappelli grigi, come uno dei protagonisti di un ciclismo d’altri tempi e della grande rivalita’ con Gimondi. E’ stato sempre considerato il terzo incomodo nel battage Merckx-Gimondi. E la rivalita’ riecheggia anche oggi a distanza di tanti anni: ‘la nostra e’ stata una lotta piena di cattiveria agonistica – ricorda – com’e’ giusto che fosse. D’altronde, eravamo due persone dai caratteri opposti: io un estroverso, spesso etichettato come attaccabrighe, lui invece piu’ posato e silenzioso. Normale quindi che due personaggi come noi alla fine si scontrassero’. Questo non significa pero’ non riconoscere la grandezza del suo avversario, ‘tra i piu’ grandi ciclisti italiani di sempre’, dice Motta. ‘Si sapeva che sarebbe diventato grande. La nostra rivalita’ e’ durata dal ’65 al ’74 ma di fatto io cominciai ad arrendermi nel ’68 per via del mio ginocchio, altrimenti sarebbe andata diversamente. La nostra rivalita’ e’ stata bella e accesa, condita di cattiveria agonistica. A tal punto che arrivavamo al punto che preferivamo vincesse qualcun altro piuttosto che il nostro rivale principe. Pero’ confesso che gli ho visto fare tante belle corse, Felice era un gran testone ma tanto di cappello perche’ in bicicletta lui ci moriva. Per vincere in bicicletta si deve stare davanti e lui ci e’ riuscito spesso. Diciamo che e’ stato forte ma anche piu’ fortunato di me. In tutto. Basti pensare – conclude con una battuta Motta – che quando arrivava primo lui vinceva una cucina (Salvarani), mentre io mi dovevo accontentare dei salamini (Molteni)’.
Discussione su questo articolo