Il Pd è sempre più in difficoltà, diviso al suo interno. Tra leggi delega, decreti e future circolari, il partito guidato da Matteo Renzi barcolla. All’orecchio di ItaliaChiamaItalia arrivano voci che parlano di forti polemiche tutte interne ai dem. E’ così? Cosa sta succedendo davvero?
Abbiamo cercato di farcelo raccontare dall’On. Marco Fedi, deputato Pd eletto oltre confine e residente in Australia, che nei giorni scorsi è stato molto critico con il governo, a proposito di lingua italiana nel mondo.
Fedi parte da lontano: “La legge delega sulla buona scuola – spiega a ItaliaChiamaItalia.it – ha prodotto una serie di decreti attuativi. Tra questi anche il decreto attuativo che ridisegna l’impostazione per l’estero. Lo scorso venerdì 13 gennaio, a poche ore dal passaggio in Consiglio dei Ministri, ho saputo che il testo conteneva l’abrogazione della legge 153/71. Occorre ricordare che avevamo posto all’attenzione del Governo una necessità: evitare di abrogare qualcosa senza aver definito gli strumenti nuovi, alternativi a quelli esistenti”.
Una volta saputo di questa abrogazione, lei che ha fatto?
“Ho sollevato subito il problema; lo stesso CGIE, al quale andava richiesto il parere sul decreto, si è mobilitato. Nel decreto l’abrogazione della legge 153 del 1971 è sparita. È un fatto positivo, ma non significa molto. Deve essere accompagnata da altri passi concreti”.
Tipo?
“Negli anni, le dinamiche e le interpretazioni ministeriali così come l’evoluzione “storica” della normativa, oggi oggetto di revisione, ci hanno riservato sorprese. Forse è il caso di passare ad una fase matura, in cui alle sorprese sostituiamo un dialogo sereno ed aperto. La discussione al nostro interno è assolutamente positiva, anche se esistono sensibilità diverse”.
I più critici le rimproverano di difendere posizioni precostituite…
“Non si tratta di difendere posizioni precostituite oppure vecchi modelli: si tratta di fare passaggi di cui sia possibile seguire l’evoluzione”.
Lei l’altro giorno ci ha detto al telefono che questa vicenda si presta ad interpretazioni diverse tra loro. Perché?
Perché è mancata l’interlocuzione politica, quindi ciascuno è legittimato ad interpretare fatti, azioni e ritardi come vuole. Davanti al rischio concreto che a seguito della necessità una manovra aggiuntiva di oltre tre miliardi vi possa essere una ulteriore contrazione delle risorse, si continua a parlare di grandi risultati. Dovremo essere molto modesti, attenti a non illudere alcuno e pronti a rispondere ad altre emergenze. Non sono preoccupato degli attacchi personali, ma mi preoccupo per il futuro della promozione di lingua e cultura italiane nel mondo. Sono stato sempre convinto che la politica non può essere fatta di slogan o forzature ma di consapevole adesione a scelte strategiche di fondo. Forse ho perso qualche passaggio ma questa visione complessiva è mancata.
Lo schema di decreto legislativo recante “Disciplina della scuola italiana all’estero, a norma dell’articolo l, commi 180 e 181, lett. h), della legge 13 luglio 2015, n. 107, approvato dal Consiglio dei Ministri ed ora all’attenzione del Parlamento per il parere congiunto delle Commissioni Esteri e Cultura, abrogando gli articoli dal 625 al 675 del DL 16 aprile 1994 n.297, non solo lascia in una sorta di limbo gli enti gestori che non vengono esplicitamente citati, determina una condizione di sostanziale novità per cui i soggetti privati non debbono avere finalità oggettivamente riconducibili, attraverso l’esame degli statuti, alla formazione linguistico-culturale dei “lavoratori italiani e dei loro congiunti emigrati”, ma di soggetti genericamente “senza fini di lucro attivi nella diffusione e promozione della lingua e cultura italiana nel mondo”.
Comprendo la necessità di superare un insegnamento destinato a soggetti “storicamente” superati, anche se i nuovi flussi migratori lascerebbero spazio anche per questa categoria di persone, e di rivolgersi alle società di insediamento, ma davvero crediamo che gli strumenti migliori per farlo possano essere, ad esempio, le associazioni con finalità sociali, ricreative o sportive?
Riflettiamo anche su questi temi, perché una cosa è certa, questo decreto lascia ampia discrezionalità alla nuova direzione generale e al MAECI. Il Partito Democratico farà la sua parte proponendo un ruolo centrale degli enti gestori, accanto alla presenza degli insegnanti di ruolo dall’Italia nelle scuole italiane all’estero. D’altro canto è questo il modello diversificato che il Piano Paese, per ciascuna realtà, ci consegnerebbe una volta a regime.
Sulla cittadinanza sostenete che la responsabilità sia vostra, del Parlamento. In che modo vi assumete questa responsabilità?
Abbiamo portato la riforma della cittadinanza per i migranti al massimo del nostro impegno con l’approvazione della riforma da parte della Camera. Per ottenere questo risultato abbiamo lasciato che il Senato seguisse la riforma per ciò che attiene alle comunità italiane nel mondo. Ed al Senato hanno lavorato bene.
Sui temi centrali alla vita delle nostre comunità, il riacquisto della cittadinanza ed il superamento della discriminazione nei confronti delle donne, abbiamo elaborato proposte di legge che il Senato, grazie ai colleghi eletti all’estero, ha portato fino alla discussione in Commissione affari costituzionali ed è ora in attesa del parere della commissione bilancio. Il tema qui è riuscire a dimostrare, a convincere, dati alla mano, che non vi saranno costi aggiuntivi.
Non vi saranno costi aggiuntivi per lo Stato sotto il profilo amministrativo e non si creerà alcun circuito perverso di incentivazione al rientro in Italia. Per la copertura sanitaria, ad esempio, occorre avere la residenza in Italia e ciascuno dei soggetti aventi diritto al riacquisto della cittadinanza potrebbe già ristabilire la residenza in Italia ed avere queste tutele. Per le donne a cui riconoscere la facoltà di trasmissione della cittadinanza, poi, esistono sentenze della Cassazione e giusto sarebbe riconoscere questo diritto, come peraltro vari Governi si sono impegnati a fare. Ecco, stiamo lavorando a questo aspetto, anziché interrogare il Governo ed avere la stessa risposta. Fornire al Governo il nostro lavoro di analisi, puntuale, su costi, a nostro avviso “immaginari” e non esistenti, ma che, anche sull’opinione pubblica italiana, se non spiegati bene, avrebbero un impatto negativo.
Per i migranti poi, sottolineo che almeno un milione di persone, di cui la maggior parte giovani di seconda generazione, nati in Italia o arrivati nei primi anni di vita, con parenti di origine straniera, chiede da anni l’ottenimento dello status di cittadino.
Il 13 ottobre del 2015 la Camera dei Deputati ha approvato in prima lettura il disegno di legge sulla riforma della legge sulla cittadinanza che è bloccato in Commissione Affari Costituzionali al Senato, a causa di numerosi rinvii e dei 7.000 emendamenti presentati principalmente dalla Lega Nord. Nonostante il testo di riforma della legge sulla cittadinanza presenti moltissime criticità e limiti su diversi temi, la sua approvazione in via definitiva al Senato potrebbe comunque rappresentare un miglioramento rispetto all’attuale legge n.91 del 1992, basata sul principio dello Ius sanguinis. Ma soprattutto rappresenta un semplice gesto di civiltà per il nostro paese.
Quali sono gli altri temi che state seguendo in questo inizio 2017?
Con il decreto mille proroghe veniamo incontro alle richieste di migliaia di giovani italiani i quali hanno maturato all’estero importanti esperienze umane, culturali e professionali e hanno deciso di rientrare in Italia. I colleghi Senatori stanno presentando un emendamento al Decreto Legge 30 dicembre 2016, n. 244 concernente “Proroga e definizioni di termini”, con il quale abbiamo chiesto la proroga dei benefici fiscali fino al 31 dicembre 2018 (per i soggetti che attualmente usufruiscono della legge 30 dicembre 2010, n. 238) e della facoltà del diritto di opzione tra due regimi agevolativi, quello della legge 30 dicembre 2010, n. 238 e quello del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147. Si tratta ovviamente di una piccola proroga per i benefici fiscali previsti dalla legge sul controesodo, cioè la detassazione IRPEF del reddito da lavoro del 70 o dell’80 per cento, a seconda se si tratta, rispettivamente di lavoratori o lavoratrici e della possibilità per i beneficiari della legge del 2010 di optare tra un regime fiscale più favorevole fiscalmente, fino al 2018, oppure un regime fiscale meno favorevole ma più durevole, cioè fino al 2020.
Voto all’estero: alle prossime elezioni noi italiani nel mondo andremo a votare con lo stesso meccanismo elettorale che, ormai è chiaro a tutti, fa acqua da tutte le parti?
Vedremo se esiste una volontà politica, di tutte le forze parlamentari, per rivedere i meccanismi della legge ordinaria che regola l’esercizio in loco del diritto di voto. Io sono pronto con dati, proposte migliorative e soluzioni tecniche, in caso contrario tacciano tutti per sempre. Massime cariche incluse.
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