Sono moltissime le coppie italiane che ancora oggi viaggiano in Spagna nel tentativo di avere un figlio. Proprio così.
Nonostante in Italia la fecondazione eterologa sia consentita da alcuni anni, stati i responsabili dei centri Ivi (Istituto Valenciano di Infertilità) sono ancora molte le coppie italiane che, “a causa della scarsità di donatrici di ovociti e per le procedure complicate di importazione dall’estero, sono costrette a spostarsi dall’Italia”.
Le coppie italiane “arrivano in Spagna cariche di domande e dubbi soprattutto nel caso della donazione, per la quale vogliono sapere chi è la donatrice, perché ha donato, a quali controlli viene sottoposta. Un approccio molto diverso rispetto alle coppie scandinave, per esempio, che sono più dirette, pensano al risultato e hanno pochi dubbi”.
Secondo l’Ivi “dal 2012 al 2016 i cicli di trattamento con ovodonazione a cui si sono sottoposte pazienti italiane presso i nostri centri in Spagna sono stati più di 7.000 contro i quasi 3.000 per la fecondazione omologa che rappresenta, comunque, un numero importante”.
COSA CHIEDONO LE COPPIE ITALIANE
Le coppie italiane che contattano i centri per la fecondazione eterologa “chiedono che le donatrici siano giovani, in salute, belle e simili a loro, specie per il colore degli occhi”.
INGLESI E FRANCESI
Le richieste sono diverse per altre nazionalità: “Le inglesi si informano su educazione, intelligenza, caratteristiche fisiche come l’altezza, e livello di studi. Le francesi si preoccupano della taglia della donatrice, così come di educazione e intelligenza, requisiti richiesti anche dalle spagnole, cui si aggiungono doti artistiche, somiglianza e livello sociale”.
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