Stefano Fassina, deputato di Leu e membro della Commissione Bilancio della Camera, è intervenuto su Radio Cusano Campus e sulla manovra ha detto: “C’è una linea politica pragmatica che continua a riparare i danni causati dalla pandemia. Dopodichè è una linea che a mio avviso non tiene abbastanza in considerazione la dimensione della giustizia sociale perché, quando il ministro Franco sottolinea l’intensità della ripresa, l’associato aumento dell’occupazione, non fa alcun riferimento alla qualità dell’occupazione, sta crescendo un’opposizione molto precaria, malpagata con sempre meno diritti. Questa manovra, almeno per come esce dal cdm, non affronta il problema. Dobbiamo ripristinare i limiti ai contratti a tempo determinati, che vanno utilizzato solo quando necessari, bisogna rimettere dei paletti in quel senso. Dobbiamo introdurre un salario minimo per chi non ha il contratto nazionale di lavoro. Questa è una manovra che dà, che ha un impatto complessivamente positivo, ma dobbiamo fare in modo che queste risorse vadano a chi ne ha più bisogno. Le risorse per il taglio delle tasse in questo momento andrebbero usati per compensare gli aumenti dei prezzi delle energie per le famiglie a reddito più basso, e per il taglio del cuneo fiscale per far sì che le buste paga dei lavoratori a basso reddito siano più sostanziose”.
Sul bonus affitto per i giovani. “E’ chiaro che con quell’intervento non vai da nessuna parte. Ci sono 550mila famiglie in Italia in lista d’attesa per la casa popolare, abbiamo bisogno di un piano di edilizia pubblica che consenta alle giovani coppie di poter costruire un futuro e non te la puoi cavare con il bonus affitto previsto nella manovra. Questo governo non ha una grande sensibilità sociale, un provvedimento efficace per il diritto all’abitare deve essere il segno di una capacità politica di un governo che abbia un mandato elettorale”.
Sull’affossamento del ddl Zan. “Tutti i senatori Leu hanno votato no alla tagliola, per fare andare avanti la discussione sul ddl. La mia posizione è minoritaria nel gruppo, ritengo che quel ddl, oltre a contenuti sacrosanti come l’inasprimento delle punizioni per comportamenti discriminatori, abbia anche una visione antropologica non esplicitata molto divisiva e discussa fuori dal Parlamento e che non può essere veicolata insieme a normi anti-discriminatorie, che devono valere per tutti. Quando fai un’operazione che interviene sul terreno delicato dei diritti civili avendo norme penali al sostegno, non puoi associare una visione antropologica molto controversa, divisiva e minoritaria come quella gender, è chiaro che fai un’operazione che va fermata. Mi auguro che l’arroganza con cui è stato portato avanti questo ddl venga abbandonata e che si enuclei dal ddl il contenuto che trova larghissima condivisione in Parlamento e fuori dal Parlamento, cioè l’aumento delle pene per i comportamenti discriminatori, abbandonando l’idea di un programma educativo che veicoli nelle scuole promozione di un disegno politico-culturale che è legittimo, ma che è di una parte”.