Un articolo fondamentalmente calunnioso nei confronti della nostra comunità residente nella Repubblica Dominicana, con il quale a quanto pare si è voluto raccogliere l’approvazione dei lettori, facendo leva sui luoghi comuni che gravitano da sempre attorno al paese che ci ospita e agli italiani che ci vivono. Abbiamo avuto anche uno scambio di vedute con il giornalista responsabile del settore estero della rivista online Fanpage, ma come era da aspettarsi non c’è stato alcun avvicinamento, anzi il giornalista ha rincarato la dose e ha accusato in pratica la nostra comunità addirittura di omertà, una parola tutta italiana che da queste parti non si conosce quanto meno con la connotazione nostrana. L’autore spaccia il suo articolo come risultato di un’intervista. Sarebbero state intervistate tre persone. Una coppia di italiani, nomi di fantasia Dario e Giovanna, e un dominicano, nome di fantasia Giovanni.
Per circa il 60% del suo contenuto l’articolo fa riferimento a un colloquio con una coppia di italiani trasferitasi a Cabarete nella costa settentrionale della Repubblica Dominicana. L’autore dedica la maggior parte dello spazio quindi a un monologo di questi due italiani che, ognuno per conto suo, parlano a ruota libera delle loro vicende personali, del loro trasferimento ai tropici e di come stanno vivendo nel paese ospitante. Dario dichiara di essere costruttore ma di dedicarsi al settore della prostituzione attraverso un hotel da lui gestito nella località di Cabarete. Tanto è bastato perché l’autore dell’articolo intitolasse il paragrafo: "I quarantenni falliti sono i nuovi pirati".
Al riguardo è opportuno precisare che per esercitare la pirateria, di cui nel citato articolo si parla, i cittadini stranieri nella Repubblica Dominicana devono prendere la residenza per la quale oltre a tutta una serie di requisiti, a un costo elevato e a tempi di rilascio lunghi, si richiede anche la presentazione di una fedina penale italiana pulita, recente e tradotta. Il settore della prostituzione è poi praticamente inaccessibile ai cittadini stranieri. Infatti, lo dice lo stesso Dario: “Il guaio è che il governo sta facendo una forte politica anti-prostituzione. Ha cominciato a multare gli alberghi che ospitano le prostitute…" E io a questo punto aggiungerei che il governo ha incominciato a deportare gli stranieri che operano nel settore. Questo è accaduto nel mese di novembre del 2015 all’imprenditore italiano Armando Casciati, qui residente da molti anni, proprietario di un hotel, di vari bar e di un canale di televisione, che abitava proprio nella stessa provincia dove si troverebbe il Dario dell’articolo.
Entrambi i coniugi Dario e Giovanna sostengono poi che agli italiani residenti nell’isola non si può chiedere a cosa si dedicano. L’autore presume da certi atteggiamenti di Dario ("Mentre parla tira su con il naso") che egli faccia uso di cocaina. Tanto è bastato perché l’autore intitolasse questo paragrafo: "La cocaina che scorre a fiumi". E su questo doppio monologo non c’è null’altro da dire. Forse si è voluto dare a intendere che alcuni italiani si dedicano nella Repubblica Dominicana allo spaccio di droga, il che sarebbe obiettivamente impossibile. Qui non c’è spazio in questo business per gli europei. Questi vengono immediatamente denunciati dalla "concorrenza" e vanno a finire nelle patrie galere rispetto alle quali quelle italiane sono degli hotel a cinque stelle.
Un buon 20% dell’articolo è dedicato al menzionato cittadino dominicano, nome di fantasia Giovanni, il quale parla di pizzo e di calabresi latitanti a Bayahibe. Mi riprometto di segnalarlo alle autorità dominicane, ma non credo all’autenticità di questa intervista. Innanzitutto che un dominicano che non ha mai espatriato conosca la differenza fra un calabrese e un altro italiano qualunque mi sembra improbabile. E ancora più improbabile è che sappia cos’è il pizzo. Del resto questo Giovanni sosterrebbe che i calabresi chiedono il pizzo solo ai connazionali proprietari di hotel e di ristoranti e rare volte ai dominicani. E fin qui si fa fatica a crederci perché per un europeo delinquere nella Repubblica Dominicana, lo ripeto, è oltremodo rischioso: per andare in galera bastano solo dei lievi indizi. Peraltro convince ancora di meno l’affermazione circa il pizzo in quanto questi latitanti calabresi secondo il Giovanni resterebbero rinchiusi nelle loro case per evitare di essere riconosciuti dai poliziotti italiani che a detta sua si aggirerebbero alla ricerca di latitanti. E allora se restano rinchiusi in casa come fanno a chiedere il pizzo? Giovanni non ce lo dice e il non tanto arguto autore dell’articolo non ci ha pensato a chiederglielo. Tanto è bastato comunque perché il giornalista intitolasse il paragrafo: "E la ‘ndrangheta chiede il pizzo"
Non trova riscontro nemmeno l’affermazione dell’autore dell’articolo: "Certo, è noto che sulle spiagge di La Romana e Bayahibe hanno trovato rifugio mafiosi ed esponenti della criminalità organizzata riusciti a scappare prima della sentenza definitiva che li avrebbe condannati a decenni di carcere". Infatti, dei personaggi citati, Nicola Pignatelli e Giovanni Costa sono stati scoperti ed estradati e Gaucci e Dell’Utri non mi sembra che sia il caso di annoverarli in questo gruppo di latitanti, in quanto il primo non era stato condannato, si trattava di una latitanza a fronte di una misura cautelare ed è rientrato in Italia dopo due anni come uomo libero; il secondo è stato arrestato a Beirut dopo che aveva preso alloggio in un hotel con il proprio passaporto. Sembra che non fosse al corrente della sua latitanza.
Eppure il giornalista responsabile del settore estero della Fanpage ha sostenuto: “Neanche una parola di distanza e di condanna per quegli italiani disonesti che a Santo Domingo hanno intrapreso attività criminali e che, con il loro operato, screditano l’intera comunità. Invece, come spesso capita, sembra che siano i giornalisti che ne parlano il problema”. A questo punto penso proprio di sì: il problema qui è rappresentato da chi ha scritto l’articolo.
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