Secondo una mappatura sull’agroalimentare Italian Sounding in Asia svolta da Assocamerestero – l’Associazione delle 81 Camere di Commercio Italiane all’Estero (Ccie) – e Unioncamere, sono oltre 600 i prodotti Italian Sounding presenti sul mercato asiatico.
Quella dei condimenti – salse, sughi, oli – è la categoria più colpita, con il 26,8% dei prodotti che evocano l’autentico Made in Italy. Al secondo posto tra i prodotti più imitati, i surgelati e piatti pronti (con una quota del 19,6%), seguiti a brevissima distanza dalla pasta (19,1%). Si attestano invece al 17,5% i prodotti lattiero-caseari.
Molteplici i fattori che contribuiscono alla diffusione dell’Italian Sounding; la difficoltà di reperimento dei prodotti italiani autentici sui mercati esteri è una concausa di rilievo che induce il consumatore locale ad affidarsi alle etichette dei prodotti di imitazione italiana. Ciò è quanto rilevato ad esempio in Cina per i formaggi italiani scarsamente presenti sul mercato locale; a far presa diventano allora i rispettivi prodotti Italian Sounding come il ”Parmesan” importato dagli USA, che però riecheggia l’italianità solo nel nome.
L’indagine analizza caratteristiche e peculiarità del fenomeno del ricorso improprio a denominazioni che si rifanno all’Italia per indurre all’acquisto di prodotti non italiani, valutando l’impatto che determina sull’export delle aziende food & wine Made in Italy nell’Area asiatica.
L’analisi si inserisce nel contesto del Progetto ”True Italian Taste”, promosso e finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, nell’ambito della Campagna di promozione del cibo 100% Made in Italy.