In una intervista al Mattino il presidente del Consiglio Matteo Renzi fa un pronostico sulle Europee: "Se guardiamo alle ultime elezioni, le politiche del febbraio 2013, Grillo parte dal 25,4%, noi dal 25,3% e FI-Pdl dal 21%. Rispetto a questo risultato sento di poter dire che queste elezioni andranno molto bene per noi" e "anche nel Sud. Sicuramente noi recuperiamo rispetto alle elezioni del febbraio 2013 e alle Europee del 2009. Se qualcuno vuole trasformare questa campagna in un referendum sul governo, mi sta bene. Queste elezioni il Pd le vince. L’ultima volta arrivò primo Grillo, secondo Bersani e terzo Berlusconi. Stavolta invece il podio sarà diverso".
E sulle donne capolista del Pd dice: "Io credo che il risultato porterà tutte e cinque a essere elette". E aggiunge: "II Pd parte dal 25%. Il giorno dopo vediamo quanto ha preso. Se poi qualcuno prenderà più della Picerno e immaginerà di riaprire il congresso sarà affare suo e del Pd napoletano. Parliamo di cose concrete: mettere cinque donne alla guida delle liste è una rivoluzione. Ma aggiungo: qualcuno di voi ricorda i nomi dei candidati di Grillo alle Europee? In quel partito noi vediamo Grillo, poi ci sono dei ragazzi, ragazzi che stanno cercando di far crescere. C’è questo Di Maio che va in tv e dice che bisogna fare l’Expo. Poi Grillo dice il contrario e Di Maio cambia idea. Questo che vuol dire? Che la selezione di un gruppo dirigente è un’emergenza nazionale, e non solo del Sud. Ma noi sulla classe dirigente vogliamo fare un investimento specifico. E al Sud intendiamo promuovere un processo di formazione, una vera e propria scuola politica".
"Io ho la fama di essere uno che prima la spara e poi la costruisce. È un racconto al quale concorrono anche alcuni amici che sono intorno a me. È una cosa che non mi fa soffrire particolarmente dal punto di vista caratteriale, perché sono consapevole dei miei limiti e pregi. Però è esattamente l’opposto di quello che io sono, ieri da sindaco e oggi da presidente del Consiglio".
"Di questioni aperte da lanciare ce ne sarebbero centinaia. Sto tenendomi a freno perché voglio, prima di partire, avere la certezza e chiarezza del risultato. Sbaglia chi dice: lui sugli 80 euro prima l’ha buttata in aria e poi è stato costretto a costruirla. Non è andata così, la copertura del cuneo era stata valutata da subito. Abbiamo fatto due cene con Padoan, abbiamo discusso. Lui mi ha detto: ti autorizzo a impegnarti sul cuneo a doppia cifra. Qualcuno pensò allora: farà il taglio del 10% delle tasse sul lavoro. Ma Padoan voleva dire 10 miliardi. Ho fatto i conti, e 10 miliardi per 10 milioni di persone volevano dire 80 euro al mese in busta paga. Anziché parlare di ‘taglio del cuneo fiscale’ ho tradotto la cosa nel linguaggio dei cittadini. Quando Prodi parlò di taglio al cuneo non lo capì nessuno. Poi qualcuno ha detto: non ci sono le coperture. E invece oggi ci sono. Poi ancora mi si dice: non ci saranno nel 2015. E io rispondo: per forza, non c’è ancora la legge di stabilità".
In merito alla partita di Coppa Italia: "Io ho scelto di non parlare su questo argomento per evitare la consueta strumentalizzazione sul calcio. Vedo parlare di calcio gente che non è mai entrata in uno stadio. Però osservo una cosa: se io entro con i miei figli allo stadio, mi prendono la bottiglietta di plastica e mi svitano il tappetto. E poi c’è chi entra con magliette, striscioni, bombe carta, senza biglietto o con biglietti passati. E’ una filosofia assurda. La persona perbene è sottoposta al controllo, il delinquente va libero. Questo meccanismo va cambiato".
"Noi vogliamo ritornare a un mondo in cui il calcio è fatto per le famiglie. Ma non mi ci metto in campagna elettorale, non cerco di strumentalizzare il problema. Per questo mi colpisce chi viene qui e dice, pensando di prendere il voto dei tifosi napoletani, io avrei fischiato l’inno. Io non cederò mai a una cultura per cui bisogna dire le cose che la gente vuole sentirsi dire. Sono venuto qui al Sud e ho detto: si esce dalla crisi se il Sud si assume le sue responsabilità. Non vengo a dirvi ciò che sarebbe facile: ‘Sì, lo Stato si è comportato male’. Eppure riconosco le ragioni storiche che il Sud rivendica. Ma rilancio in altro modo: ci sono 180 miliardi, li vogliamo spendere bene o no?".
Expo: "Una nuova Tangentopoli? Ma ve lo ricordate il ’92- ’93? E’ possibile paragonare quegli anni a oggi, con il ministro degli Esteri, Scotti, che derideva di fare il parlamentare per evitare l’avviso di garanzia, con il presidente del consiglio indagato per mafia, con le tangenti in tutte le ritta? Vi sembra questo il ’92- ’93? Se vi sembra, per carità, io lo rispetto ma non sono d’accordo. E’ chiaro che è sconvolgente pensare che ci sono due nomi, Frigerio e Greganti, che a volte ritornano. Questo mi fa dire che lo Stato, se è serio, non può bloccare i lavori, ma deve bloccare i delinquenti o i ladri, ammesso che, come è possibile, vengano ritenuti tali, attraverso tutte le formule possibili".
"Ci deve essere l’interdizione dai pubblici uffici a vita, ci devono essere misure per cui se ti becco ti becco, non è che se ti becco si bloccano i cantieri e poi ti lascio andare. E così, dopo venti anni, gli stessi cantieri son fermi a metà. Io non credo che sia la stessa cosa del ’92- ’93, ma credo che ci sia il tentativo, legittimo, di cavalcare l’aspetto politico da parte di Beppe Grillo. E’ la storia di chi vuole la rovina dell’Italia. Facevo il conto ieri: siamo al 39esimo colpo di Stato, alla 39esima marcia su Roma. Ormai viaggiamo al ritmo di un colpo di Stato ogni quindici giorni. E’ un racconto che viene agevolato da una mancanza di memoria, per cui uno si dimentica quello che è successo prima. Io scommetto su una cosa difficilissima: che l’Italia ce la farà, che il Pd può essere il primo gruppo dentro il Pse".
"E’ vero che il federalismo è stato fin qui costruito sul presupposto per cui il divario tra Nord e Sud diventa elemento di punibilità e non svantaggio da colmare "ma non possiamo nemmeno, con questa ragione, finanziare allo stesso modo le realtà che funzionano e quelle che non funzionano". "C’è un eccesso di università, non solo nel Mezzogiorno ma in Italia. E c’è anche un eccesso di ospedali. Il punto vero è: l’ospedale per cosa lo fai? Se pensi che dappertutto debba esserci l’ospedale per nominare un primario, scelto in alcuni casi perché bravo, in altri un po’ meno, non è giusto. Avendo noi un allungamento dell’età media, con tutto quello che comporta, dobbiamo pensare a una sanità diversa. Prendete il problema della demenza senile. Chi fa le battute sul centro dove va Berlusconi a fare il servizio sociale è gente che non ha mai capito niente di che cosa vuoi dire tenere un malato di Alzheimer in casa. Da sindaco, vi dico che è una cosa drammatica che porta le donne a licenziarsi per stare accanto al babbo o alla mamma, anche a costo di non trovare più lavoro. La perdita progressiva della memoria, se ci pensate, è un elemento sconvolgente. Chi fa battute mi fa venire brividi di rabbia e giramento di scatole. Detto questo, vi dico che siccome stanno aumentando le malattie senili, il tema degli ospedali non è la spesa sanitaria in quanto tale, che è nella media rispetto all’Europa. È chiaro che ci sono eccessi che vanno puniti e colpiti. Non c’è dubbio che in alcune zone, anche nel Sud, c’è un eccesso di ospedali, un eccesso di rapporto tra primari e posti letto".
Parlando della serie tv Gomorra: "La Rai non è né dei conduttori, né dei sindacalisti dell’Usigrai. La Rai è dei cittadini che la pagano abbondantemente, sia con il canone che con la fiscalità generale. La Rai è di tutti noi, e siccome i sacrifici li facciamo fare ai cittadini, alle banche, ai superdirigenti, li faremo fare anche alla tv pubblica". "Quando penso al teatro, e l’ho detto ai bambini di Secondigliano, io penso a Eduardo. Non a Gomorra. Perché vorrei anche che ci ricordassimo che cosa siamo noi italiani, e che cosa è Napoli nel mondo. Dopodiché il tema della rappresentazione del male esiste. Ho letto quello che ha scritto Saviano, ho letto le critiche a Roberto su questo punto, ma non sono in grado di valutare Gomorra, perché non ho visto la serie. Ma ho invece visto "House of cards", una serie che fa una dura rappresentazione della politica, finanche con omicidi, roba che i parlamentari italiani sembrano mammolette. E vorrei ricordare il film su Lincoln, con il presidente che compra i voti per abbattere la schiavitù, un film di interesse culturale straordinario. Lincoln chiede i voti, anche facendo cose borderline, perché deve portare a casa il superamento della legge sulla schiavitù. E’ politica questa. Faccio questi due esempi, perché io credo che la capacità comunicativa di un territorio non la costruisci a tavolino, ma dipende da molte cose, da che racconto fai, da cosa ti inventi. E’ una operazione difficile. In sintesi, è la costruzione o la ricostruzione di un brand. Un giornale che ha una grande storia e che, poi, chiude per qualche anno, per recuperare il brand che aveva deve far fatica. Anche io quando ho fatto il sindaco ho insistito moltissimo sul brand di Firenze. Mi hanno preso in giro".
Matteo Renzi ci mette la faccia sul Mezzogiorno? "La faccia non ce la metto, altrimenti finisce come con Crozza che dice che ho la faccia come il… Però sì, credo fortemente al Sud e una volta ogni tre mesi sarò qui a fare il punto sui fondi europei. Dopodiché, dico che il tema dei branding city, pensando per esempio a Chicago, è straordinario. Chicago era un secolo fa la città della criminalità totale, la città di Al Capone, il male assoluto d’America. Negli anni Sessanta è stata decisiva per l’elezione di Kennedy. Quindi arrivano i Daley, prima il padre e poi il figlio Richard, che ne cambiano il volto. Richard mi portò con orgoglio in giro, mi disse: ‘Vedi quello? L’ha progettato Renzo Piano’. E poi diventa la città del presidente degli Stati Uniti. Per caso, perché Obama cresce nei sobborghi di Chicago. E infine il chief staff della Casa Bianca lascia il Presidente per andare a fare il sindaco di Chicago. Fare il sindaco in America non è come farlo in Italia, ma perché non provarci a considerarlo allo stesso modo?". E sull’amministrazione di Napoli afferma: "Io sono rispettoso delle scelte dei napoletani, come delle scelte di tutti gli altri italiani. Quindi mai sentirete dal presidente del consiglio mettere bocca su come viene amministrata o guidata una città. E non inizio oggi".
"Se mi avessero detto che avremmo portato a casa, in sessanta giorni, gli 80 euro, il taglio del 10 per cento dell’Irap, l’aumento delle rendite finanziaria al 26 per cento (una delle cose più di sinistra che possa fare un governo), il decreto sul lavoro che ieri è stato approvato definitivamente con le modifiche alla storture della legge Fornero, se mi avessero detto, ripeto, che avrei fatto tutto questo avrei stappato una bottiglia di champagne in anticipo". "Ora qualcuno dice: ma Renzi non ha fatto tutto dò che aveva promesso. Sì, sicuramente. Sono tante le aspettative che stiamo facendo crescere. E capisco queste accuse. Quando Damiano e Sacconi si sono messi a litigare sul numero delle proroghe dei contratti a termine mi chiedevano di intervenire. Ma dico, otto o cinque proroghe, cosa cambia? Era una questione di puntiglio, comprensibile, ma non cambiava niente nella sostanza. Il punto è che in Germania la riforma del lavoro l’ha fatta Schoereder, in Inghilterra dopo la Thatcher è intervenuto Tony Blair, da noi non c’era mai stata la volontà di intervenire sul mercato del lavoro neanche quando Bassolino ha fatto il ministro del Lavoro, in un periodo drammatico segnato dall’uccisione di uno dei suoi collaboratori". E sui pagamenti alle imprese ribadisce: "Pagheremo entro il 21 settembre 2014. E’ un impegno che ho preso e manterrò".
"Le Province sono già state cancellate, la legge elettorale è stata approvata in prima lettura alla Camera. Poi si è passati alla riforma del Senato. Berlusconi disse che non si poteva votarla entro il 25 maggio per non dare un vantaggio elettorale per Renzi. E allora si è rinviato a dopo le elezioni. Vogliamo parlarne in Parlamento? Noi in Parlamento i numeri li abbiamo, e l’apertura nei confronti di Berlusconi è un atto di sensibilità istituzionale, non è un atto di necessità politica. Le regole si fanno insieme, ma se Berlusconi non vuole farle più le faremo con chi ci sta. Berlusconi decida se stare al tavolo o no. Se sta al tavolo ascoltiamo lui, ascoltiamo Forza Italia che è un partito che prende milioni di voti. Se decide che non vuole starci e vuole andare in Parlamento, si vada in Parlamento. Ragazzi, c’è un accordo al 95 per cento su tutti i punti, ma di che parliamo?".
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