Non colpevole. E’ questo, e questo soltanto, l’esito della sentenza che possiamo emettere, come giornale che da anni si occupa di politica e di italiani all’estero, alla fine di tutta la vicenda che ha riguardato Eugenio Sangregorio e il suo movimento, l’USEI.
La verità dei fatti certifica che il simbolo, finito insieme a un non meglio identificato partito del “Bunga Bunga” su un contrassegno elettorale presentato al Viminale in vista delle elezioni europee, è frutto di un’azione indegna di sabotaggio costruita per danneggiare proprio l’USEI.
La lista Bunga Bunga-USEI, secondo fonti ministeriali già contattate giorni fa da ItaliaChiamaItalia, non è stata ammessa in alcuna circoscrizione.
Ora possiamo dirlo con certezza: Sangregorio, presidente dell’Unione Sudamericana Emigrati Italiani, così come Vincenzo Carrozzino, segretario del partito, sono innocenti. No, non hanno “svenduto” il buon nome degli italiani nel mondo; tanto meno hanno “venduto” o “prestato” il proprio simbolo a nessuno. Si è trattato, come Sangregorio ha dichiarato a suo tempo a ItaliaChiamaItalia, di una “truffa bella e buona”.
Il contrassegno elettorale “Bunga Bunga-USEI”, lo ribadiamo, non è stato ammesso alla competizione elettorale. Carrozzino ha presentato un formale atto di diffida al Viminale e alle Corti d’Appello interessate, atto teso a chiarire la situazione e a bloccare ogni tentativo di “usurpare” il simbolo USEI; Sangregorio, da parte sua, ha presentato una querela al Consolato Generale di Buenos Aires, querela trasmessa dalla sede diplomatica alla Procura della Repubblica di Roma.
Azioni che hanno contribuito a mettere un punto finale alla vicenda: i responsabili della lista “Bunga Bunga” sono rimasti con un pugno di mosche in mano e hanno dovuto fare, per forza di cose, dietro front.
Ora il coltello dalla parte del manico ce l’ha l’USEI: andrà avanti l’azione legale nei confronti di chi ha voluto impossessarsi in modo fraudolento di un simbolo che rappresenta migliaia di italiani nel mondo. Quel qualcuno, ne siamo certi, dovrà pagare per il danno d’immagine oltre che politico causato all’Unione Sudamericana, che su tutti i giornali e persino nei tg nazionali si è vista associata a un movimento dal nome quanto meno ridicolo.
Un danno causato anche ai tanti italiani residenti all’estero che, certo non per colpa dell’USEI, si sono visti usati nelle loro idee e nei loro valori da gente senza scrupoli che ha pensato solo a una propria maldestra propaganda elettorale.
LA RIFLESSIONE Esiste tuttavia anche un altro aspetto dell’intera vicenda, che ItaliaChiamaItalia conosce bene più di ogni altro perché ha seguito il caso fin dall’inizio. In troppi, di fronte a un giallo di queste dimensioni, invece di aspettare che fosse risolto, hanno voluto prendere subito posizione e si sono spinti a criticare con forza sia Sangregorio che l’USEI.
In certe stanze di certi palazzi romani il pettegolezzo scorreva e si diffondeva senza freni: “Ma che fa Sangregorio? E’ impazzito?”; “Che danno enorme agli italiani nel mondo, è tutta colpa sua!”; “Ma chi glielo ha fatto fare, sarà che ci sono soldi di mezzo?”. La calunnia è un venticello e le voci incontrollate facevano il loro effetto.
Anche quando il presidente dell’USEI ha smentito di essere coinvolto in qualche modo con la lista del "Bunga Bunga", più di qualcuno ha commentato: "ma dai, ma chi ci crede?".
Confesso: io stesso, che conosco Sangregorio, e lo stimo per il suo coraggio e la sua voglia di partecipare, ho avuto il dubbio che si fosse fatto consigliare da qualche improvvisato, e malevolo, opportunista. Ma ItaliaChiamaItalia si è guardata bene dal pontificare. Si è guardata bene dall’emettere sentenze prima del dovuto, prima di andare a fondo, di capire davvero come stessero le cose. E alla fine la verità è venuta fuori e fa fede la dichiarazione di Sangregorio al nostro quotidiano online diffusa poi dall’USEI attraverso un comunicato stampa: l’Unione Sudamericana non ha nulla a che vedere con il Bunga Bunga, i vertici dell’USEI non avevano dato a nessuno l’autorizzazione a usare il proprio simbolo e anzi hanno fatto di tutto per bloccare sul nascere quell’iniziativa patetica e deleteria per il movimento.
L’informazione ha degli strani percorsi. E gli osservatori – noi compresi, anche se non è questo il caso – troppo spesso si affrettano a commentare una notizia prima di capire cosa si nasconda dietro quella cortina di apparente realtà. Perché i fatti non sempre sono quelli che ci vengono raccontati e perché arrivare alla verità richiede il giusto approfondimento.
Chi comunica e chi, come noi, crea opinione, ha una grande responsabilità: quella di andare oltre l’apparenza, di scavare sotto la superficie, prima di dare giudizi.
Come dice Lino Banfi nel suo Nonno Libero, in certi casi “una parola è poco e due sono troppe”: Sangregorio, in tutta questa brutta storia, in questo ingarbugliato giallo pre-elettorale, non c’entra un fico secco. E il guaio è che alla soluzione del caso non è stato dato lo stesso spazio che invece si è dato alla notizia che metteva in relazione il Bunga Bunga con gli emigrati italiani. Forse qualcuno dovrebbe chiedere scusa.
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