Roma – Il rilancio del Made in Italy deve passare da regolamenti europei certi e idonei. Ne è convinta Simona Bonafè, deputata Pd e candidata capolista nella circoscrizione Centro. In tour da giorni per la campagna elettorale, Bonafè farà tappa a Roma il prossimo 15 maggio, nel corso di un dibattito pomeridiano condotto da Dario Vergassola a Spazio Novecento.
Quali sono i principali punti del suo programma? Che cosa intende realizzare in Europa e da quali tematiche bisogna partire per rendere l’Unione più vicina ai cittadini e smentire il populismo degli euroscettici?
“Partiamo dalle cifre: il prossimo settennato 2014-2020 ci assegnerà circa 60 miliardi di euro per sostenere impresa e lavoro. Per evitare i guasti del passato, bisogna aiutare gli Enti locali a spendere e a spendere bene. I miei temi sono principalmente tre: rilancio del Made in Italy con regolamenti europei che consentano finalmente una lotta senza quartiere alla contraffazione, riduzione dei costi della politica, ben due sedi per il Parlamento europeo, troppe, e green economy”.
È stata assessore all’Ambiente nel Comune di Scandicci e ancora all’ambiente veniva attribuito il suo nome nei giorni in cui il neosegretario Renzi stava decidendo la sua squadra. Quali politiche green intende sostenere in Europa? Che cosa vuole dire, in concreto, quando parla di fiscalità ambientale?
“La Commissione europea ha definito le ecotasse come strumenti indispensabili per ‘determinare il giusto prezzo e creare, a partire dal mercato, un incentivo in favore di comportamenti economici ecologici’. Si tratta di mettere in pratica il concetto ‘chi inquina paga’, in assoluto il miglior deterrente possibile”.
Gli ultimi sondaggi PollWatch2014 danno il Ppe in vantaggio sul Pse, al quale il Partito democratico ha naturalmente aderito a febbraio. Le proiezioni stimano 217 seggi al Ppe e 208 al Pse. È un dato che si può ribaltare?
“Non commento i sondaggi, vedremo i risultati finali. Ciò che so è che il Pd potrebbe portare in dote al Pse un contributo determinante per l’affermazione del nostro candidato Presidente Martin Schultz”.
Mentre il Ppe sembra in vantaggio in Germania e in Francia, in Italia la situazione è opposta poiché, sempre secondo le stime PollWatch2014, i partiti aderenti al Pse sono in testa proprio “grazie all’attività del Partito Democratico”. Quali sono i motivi di questa differenza?
“In Italia pesa certamente il favore con il quale l’opinione pubblica guarda ai primi mesi del governo Renzi. Abbiamo finalmente affrontato concretamente il tema delle riforme e con gli 80 euro abbiamo cominciato a restituire soldi alle famiglie che hanno pagato di più la crisi. Una concretezza che mi auguro venga premiata dagli elettori”.
Cinque donne capolista alle europee, ma quando si è dovuto votare sulle quote rosa in Parlamento i colleghi di partito non si sono dimostrati altrettanto favorevoli alla parità di genere. Non è un controsenso?
“Siamo l’unico partito ad avere cinque donne capolista. Anche Fratelli d’Italia ha fatto la stessa cosa, ma le cinque donne in questione hanno lo stesso nome: Giorgia Meloni. Per quanto riguarda l’Italicum, vorrei ricordare che la legge è passata solo alla Camera. Al Senato ci sarà spazio per migliorarla”.
Tra le sue colleghe capolista c’è Alessia Mosca, ideatrice della legge sulle quote rosa nei cda insieme a Lella Golfo e attualmente impegnata sul fronte dello smart-working. Crede che si possa portare in ambito europeo il dibattito sulla difficile conciliazione femminile tra lavoro e famiglia?
“Intanto il governo è in perfetta parità di genere, così come la segreteria del Pd. Per la prima volta inoltre quattro donne sono presidenti di importanti aziende pubbliche. Lo smart work è una grande opportunità: nuove tecnologie e smartphone hanno trasformato i confini tra lavoro e spazio libero, prenderne atto e ridefinire gli orari di lavoro è cosa utile ed importante”.
Quale aiuto può dare l’Europa, anche dal punto di vista culturale, alla condizione femminile italiana che vede le nostre donne sempre meno occupate e meno retribuite rispetto ai colleghi di sesso maschile?
“Secondo il ritmo seguito fino ad ora serviranno trenta anni per raggiungere l’obiettivo europeo di avere il 75 per cento di donne occupate, settanta anni per far diventare realtà la parità retributiva e venti anni ancora per una pari rappresentanza delle donne nei parlamenti nazionali. E’ chiaro che serve uno scatto per colmare un divario insopportabile”.
È stata portavoce di Matteo Renzi durante la campagna per le primarie nel 2012, una battaglia che l’attuale premier perse. Quanto hanno contato, in positivo, le mancate vittorie del passato per rafforzare l’attuale leadership?
“A nessuno piace perdere. Eppure è dagli errori, e dalle sconfitte, che possiamo imparare molto. E’ successo così anche a Matteo Renzi”.
Inizialmente la figura di Renzi era quasi snobbata da alcuni esponenti del partito. Il consenso del Pd intorno al premier e alla sua squadra, della quale lei ha sempre fatto parte, è aumentato anche in relazione ai fallimenti, elettorali e non solo, della vecchia classe dirigente?
“Non facciamo processi al passato, l’importante è che il Pd abbia imparato bene la lezione dell’ultimo voto politico. Ora abbiamo un governo che fa le cose, ed un partito che è finalmente il motore del cambiamento. Non sediamoci sulle vittorie di percorso o sui responsi dei sondaggi. Alle elezioni del 25 maggio serve vincere per davvero”.
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