Franco Frattini esprime in una intervista all’inserto "Sette" del Corriere della Sera la sua preoccupazione per le difficoltà dell’Europa politica: "Per anni noi europei abbiamo criticato George Bush per il suo unilateralismo. Senza renderci conto che lui produceva sicurezza che noi, tra una protesta e l’altra, tranquillamente consumavamo. Poi è arrivato Barack Obama, assai apprezzato da tutti per il suo multilateralismo: un atteggiamento più aperto che, però, ci ha messo in crisi. Abbiamo scoperto che in Europa il re è nudo. Sulla Libia, per esempio, il presidente americano ci ha chiamato a essere protagonisti: un modello di condivisione che d`ora in poi verrà applicato in molti scacchieri. Uno ‘shock’ per la Ue, priva di unità politica, senza una leadership e con poche risorse da spendere".
Per il titolare della Farnesina si tratta di "un’evoluzione negativa del processo di integrazione che ho visto svilupparsi sotto i miei occhi negli ultimi nove anni nei quali sono stato prima ministro degli Esteri, poi vicepresidente della Commissione europea, poi di nuovo alla Farnesina. Siamo partiti con una visione euro-entusiasta, lontana dalla realtà istituzionale e politica che avevamo davanti. Poi, dopo le docce gelate dei referendum in Francia e Olanda, ci siamo aggrappati al trattato di Lisbona, l’unico compromesso possibile, sperando di farne un primo passo verso la costruzione dell’Europa politica. Su diversi tavoli, come quello dell’armonizzazione dei sistemi giudiziari, l’innovazione di Lisbona ha funzionato, ha consentito progressi sostanziali. Ma alle prime prove difficili quella costruzione si è rivelata troppo fragile. Pensi alla Palestina: se arriveremo a un voto della Ue in ordine sparso certificheremo davanti al mondo la nostra irrilevanza in una questione vitale. Ma prima c’è stato il dramma dei profughi fuggiti dal Nord Africa durante le rivolte della ‘primavera araba’. Abbiamo visto cose gravissime: la Francia che chiude le frontiere. La Danimarca che le chiude senza che sia soggetta ad alcuna pressione migratoria. La Commissione ‘bacchettata’ da Francia e Germania per il suo richiamo al rispetto del trattato di Schengen. Fino all’attuale, gravissima crisi del debito pubblico".
"L’Italia ha sostenuto la posizione giusta, anche se non è quella che ha prevalso", prosegue il ministro degli Esteri. "Abbiamo chiesto un vero governo comune europeo della politica estera, dell’economia e della difesa. Niente di sconosciuto, sono le idee di De Gasperi e Spinelli. In un mondo di grandi blocchi perfino la Ue oggi rischia di essere un’entità troppo piccola. Invece hanno prevalso le spinte nazionali. Volevamo un vero ministro degli Esteri europeo. Siamo stati sconfitti e oggi ne paghiamo tutti le conseguenze. Ma è ancora più grave quello che sta accadendo nell’Europa economica coi suoi Paesi più grandi, padri fondatori della Comunità, nei quali va diffondendosi l’idea che dall’euro si possa uscire. Sarebbe il disastro: il cancelliere tedesco lo ha capito, altri, nel suo Paese, no. Se cede un Paese dell’Unione, anche un Paese periferico, le scosse sismiche saranno devastanti per tutti. La Francia lo ha già visto con la crisi delle sue banche. Presto se ne accorgerà anche la Germania".
Il capo della diplomazia italiana in ogni caso sottolinea come "sulla difesa comune ci stiamo rimboccando le maniche. L’Italia ha preso l`iniziativa cercando di coagulare intorno al progetto di difesa Ue un gruppo importante di Paesi – Francia, Germania, Polonia e Spagna disposti a sviluppare un modello di cooperazione militare rafforzata. Un tentativo di rispondere alle nuove sfide, compresa quella che ci hanno lanciato gli Stati Uniti. Un modo per mettere più Europa in un asse euro-atlantico da rafforzare". Quindi parla della Libia: "In Libia siamo stati fin dall’inizio a fianco del nuovo governo provvisorio. L’Italia è il primo Paese che gli ha dato il riconoscimento diplomatico. Prima della rivoluzione l’Eni copriva un terzo della produzione energetica libica. Non c’è motivo per cui non si debba tornare a quella situazione. I nuovi governanti assicurano che gli accordi verranno rispettati. Del resto sono investimenti già fatti: gli impianti sono li, presto verranno riattivati".
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