Un altro attacco all’Europa. Dopo l’ennesimo attentato con l’ennesimo furgone lanciato in velocità contro la folla, a Barcellona come a Nizza come a Berlino, tutto tornerà come prima. Proprio così. Passato l’orrore della notizia, superato lo sgomento dell’impotenza, resteranno rabbia e dolore che non serviranno a riportare in vita le vittime dell’attentato né a vincere la guerra contro chi fa leva sulla paura e sul terrore per opporre alla cultura e alle democrazie occidentali una visione medievale della società.
Tutto tornerà come prima, dopo i titoloni dei giornali e dopo i commenti rilasciati dai più esperti studiosi di terrorismo e geopolitica. E il guaio è proprio questo: non abbiamo le contromisure per difenderci e proteggerci.
Quali decisioni potrebbe prendere l’Europa per fare in modo che attacchi del genere non si ripetano più? A quale grado di allerta si potrà arrivare in un mondo che non vuole rinunciare ai suoi spazi di libertà? Nessun cambiamento sarà possibile. Perché non c’è niente che si possa fare contro un nemico che si muove indisturbato in mezzo a noi, che come noi è cittadino europeo, che si manifesta solo quando è troppo tardi per colpirlo.
Imprevedibile. Un attentato come quello di oggi, e come gli altri tristemente noti… come lo prevedi?
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Si può provare, si può cercare di ridurre al minimo i rischi. Ma lo sappiamo tutti che non esiste il rischio zero e che chi vuole colpire lo fa con freddezza e precisione aspettando il momento del calo dell’attenzione per agire senza fallire il bersaglio.
Gli Stati europei si muovono ancora una volta per approntare ulteriori disposizioni agli apparati di sicurezza. Anche il Viminale ha indetto una riunione d’urgenza dell’intelligence e di tutti i soggetti preposti alla prevenzione e al controllo. Si fa quel che si può per rassicurare e mostrarsi capaci di conoscere e riconoscere il pericolo. Ma nell’era della globalizzazione e di internet è ancora più difficile individuare l’origine della minaccia.
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Una riflessione più diretta rispetto a quanto è successo e potrà ancora succedere va fatta, senza per questo voler agitare lo spauracchio della colpevolizzazione a prescindere.
Certo è che chi è pronto a battersi per uno ius soli in Italia deve almeno saper aspettare tempi migliori. Per la percezione dei cittadini l’apertura sarebbe davvero come firmare la propria resa. Non è il momento storico per una legge del genere, anche Renzi l’ha capito e dunque per questa legislatura probabilmente non se ne parlerà più. Noi ci auguriamo sia un capitolo chiuso per molto tempo, l’Italia non è pronta per codificare diritti avulsi da una vera cultura di pace e di rispetto della vita.
Non possiamo rispondere agli attacchi alla nostra civiltà con un cedimento a culture intrise di violenza e di morte.
La cittadinanza arriva dopo un percorso di assimilazione dei nostri valori che devono essere sentiti come propri da chi vuole ottenerla. Non è un iter burocratico che si deve realizzare, ma una vera e propria maturazione personale che integri e faciliti la convivenza civile e l’osservanza delle leggi del Paese che ospita.
Le nostre attuali leggi sulla cittadinanza sono già più che sufficienti a garantire accoglienza e integrazione a chi manifesta il desiderio di essere parte della nostra società.
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