Sarà una Waterloo, aveva detto Emiliano, sicuro di sé e dei suoi appoggi pugliesi. Ed era l’ultima battuta di una sfida a Renzi dai toni aggressivi e perfino volgari che il magistrato in perenne aspettativa regalava a giornali e tv. Come quando ci ha propinato la storiella dello sceriffo che alla fine uccide il bandito, e sappiamo a chi intendeva riferirsi nei due ruoli.
Ma quando è salito sul palco, a sorpresa, per vestire le vesti del pentito e praticamente “baciare la mano che avrebbe voluto mozzare”, siamo rimasti esterrefatti e ci siamo chiesti quali arcani motivi nascondesse quella strana offerta di armistizio. La risposta è arrivata con il comunicato congiunto dei tre congiurati che tentano di attribuire a Renzi la responsabilità di una scissione annunciata e rimandata dagli stessi in un tira e molla continuo che ci ha condotti allo sfinimento.
L’espressione popolare “Jatavenne”, che ci viene spontanea a questo punto della sceneggiata, rende l’idea della reazione che in questo momento sintetizza lo stato d’animo di chi ha assistito all’indecoroso spettacolo. Minacce e ricatti hanno prodotto solo stanchezza e sfiducia. E rimpianto per quella riforma costituzionale bocciata dal popolo bue vittima di abile propaganda disfattista.
Se fosse passata, avremmo oggi un governo più forte, un parlamento meno litigioso, ma soprattutto un’Europa compiaciuta e disposta a soddisfare le nostre richieste più ragionevoli. Un’Europa che vedrebbe nel nostro Paese un prezioso alleato contro i populisti e gli scettici che proliferano, ringalluzziti dal trumpismo più ardito e dal lepenismo più becero. Francia e Germania ci guarderebbero con rispetto; e senza più la Gran Bretagna, ci meriteremmo il terzo posto sul podio, per avere approvato riforme difficili e favorito la realizzazione dell’autentica unione di Stati fratelli, in quel sogno di pace e solidarietà che oggi viene messo in discussione.
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