Improvvisamente il vento è girato a favore di Trump: sondaggi, sponsor, commenti. Un vento sospetto perché potrebbe essere la mossa della disperazione dei democratici per spingere al voto i propri elettori, scettici verso Kamala Harris, pur di opporsi ai rischi del “diavolo” repubblicano.
A parte questa possibilità, sono rientrato da un tour di tre settimane negli USA attraverso 10 Stati e credo che Trump sia effettivamente il favorito, anche se mai gli USA mi sono sembrati così incerti e non solo sul voto presidenziale.
Una buona parte dei cittadini non si aspetta comunque nulla di buono da due candidati generalmente considerati “il meno peggio” e che non convincono, mentre la campagna si trascina tra insulti e volgarità.
Evidente e spudorato (come in Italia) è l’appoggio dei media per la Harris, ma ho trovato tante persone che voteranno Trump perché disorientate, stanche, preoccupate per il futuro.
Tra l’altro non lamentiamoci per la “par condicio” in Italia perché negli USA non esiste. Per esempio la CNN è peggio – nella sua assoluta e perfino controproducente faziosità pro democratici – di una nostrana “Repubblica” pro PD eppure, in Italia, passa per un TV “indipendente”. Trump è solo deriso (anche se sembra far di tutto per meritarselo) mentre la Harris è osannata quando invece mi sembra anche lei veramente persona di poco peso.
Gli USA mi sono comunque apparsi spenti, demotivati, in crisi. Gli americani vivono in un mare di contraddizioni dove non puoi acquistare in farmacia un medicinale qualsiasi salvo – una costosa quanto inutile visita medica – quando poi di fianco c’è il negozio che vende liberamente droghe e marijuana.
Polemiche assurde sull’aborto tra predicatori spiritati che urlano all’omicidio con la bandiera sullo sfondo e la bibbia in mano e chi invece vorrebbe liberalizzare tutto, senza alcun freno. Poi scopri che un’infinità di ragazzine abortisce soprattutto perché non ha una minima idea sulla contraccezione: rispetto all’Italia mi sembrano realtà indietro di 40 anni.
Così come è assurdo il dibattitto sulle droghe che si vorrebbero liberalizzare in modo totale e poi guidi tra una infinità di maxi-manifesti che, lungo le strade, pubblicizzano centri di disintossicazione per alcool, droga, farmaci, fumo, cibi-spazzatura.
Un paese che si rovina con alimenti pieni di additivi e zuccheri e che in più si riempie di integratori, con supermarket dove si vendono porzioni oscenamente grandi e tali da portarti fatalmente all’obesità, quella che viene poi combattuta a suon di riviste specializzate per dimagrire, diete, centri specializzati.
Alla fine è visibilmente tutto un business, ma intanto agli incroci tanta gente chiede la carità, “fatta” o visibilmente disperata. In giro troppa gente fisicamente “brutta”, grassa, cadente, assurda.
Timori, fastidio, chiusure frutto anche di un’ondata migratoria dal sud del continente che ora si cerca di contenere tardivamente in qualche modo ma che non è solo costituita da poveracci senza documenti, ma anche da bande di delinquenti venezuelani, colombiani, messicani e salvadoregni che si sono impiantate ed organizzate nelle città con vere e proprie bande armate organizzate, intimidazioni, racket e violenze al cui confronto la vecchia mafia italoamericana di un tempo sembra uno sbiadito club di educandi.
Un paese dove tutto è grande, esagerato. Dalle distanze ai panorami imperdibili tra i più belli del mondo, dalle confezioni di pop-corn alle dimensioni delle auto visto che appena fuori dalle città tutti si sentono realizzati solo guidando maxi fuori-strada che pur non vedono mai una strada sterrata.
Un paese dove se guidi ubriaco vai in galera, ma dove chi non guida (si fa il turno) nel week end si stordisce con tutte le sostanze possibili.
Un’America che appare un paese sempre più vecchio, con infrastrutture ormai inadeguate. Davvero il futuro è in Asia, non qui o nella vecchia Europa.
Un’America, infine, dove non si celebra più il “Columbus day” perché considerato razzista (anche se Colombo negli USA non c’è mai stato) e dove quindi si abbattono i suoi monumenti (almeno 33 negli ultimi due anni) soppiantando la festa con quella per i nativi americani.
Recupero delle origini? Forse, ma intanto i corsi universitari sono riservati a maggioranza per le “minoranze” (ovvero per tutti, salvo i bianchi americani) e dove se c’è il numero chiuso, come a medicina, conta sempre meno il merito e sempre di più l’appartenenza etnica. Un razzismo al contrario spesso ridicolo e ingiusto, in un clima avvelenato, puzzolente, pieno di violenza e che dubito che in qualche modo riemergerà dopo il 5 novembre.