S’e’ forse arenata in Algeria la inarrestabile cavalcata dei partiti religiosi islamici in Nord Africa, dopo la secca sconfitta che hanno subito ad opera del Fronte di Liberazione Nazionale (vicino al presidente Bouteflika) e del Rnd, guidato dal premier premier Ahmed Ouyahia.
Certo, i partiti dell’Alleanza verde hanno immediatamente contestato – a dire il vero lo hanno fatto molto prima dell’ufficializzazione dei dati – il risultato finale, parlando di una gigantesca frode e attaccando direttamente Bouteflika. Ma la sconfitta c’e’ e ben difficilmente ci sara’ un tribunale che annullera’ queste elezioni, sulle quali hanno vegliato oltre 500 ossservatori stranieri che non hanno, per quanto se ne sa, rilevato irregolarita’ insanabili.
Quindi da oggi i partiti della vecchia maggioranza possono riprendere da dove si erano interrotti in attesa delle elezioni, forti di un consenso, in termini di voti, che consente loro di portare nell’Assemblea nazionale 220 eletti l’Fln e 68 il Rassemblement national democratique. In totale 288 seggi su 462, cioe’ con una maggioranza che lascia agli altri le briciole, a cominciare dagli islamici che sino a ieri erano sicuri di una fortissima affermazione e ora si ritrovano, nella ‘top ten’ di chi ha preso piu’ seggi, al terzo posto, con appena 48 eletti, che consentiranno loro di fare opposizione parlamentare, ma non molto di piu’.
Ed appare scontato che la debacle, inattesa, aprira’ una fase di confronto all’interno dell’Alleanza verde, quasi una resa dei conti, visto che l’iperattivismo del segretario dell’Msp, Bouguerra Soltani, un maestro del ‘fatto compiuto’, non e’ stato molto gradito dai due partiti alleati, al di la’ dei sorrisi sfoderati nelle foto di gruppo.
Ma in ogni caso, da oggi l’Algeria volta pagina, anche perche’ Fln e Rnd hanno temuto veramente uno stravolgimento del quadro politico ed e’ una cosa di cui dovranno tenere conto, nel futuro immediato e nel lungo periodo. Analizzare il perche’ di una cosi’ netta vittoria non e’ facile. Se si dovesse dare una spiegazione squisitamente politica, ci sarebbe da rimarcare il ruolo del presidente Abdelaziz Bouteflika che, con gli ultimi discorsi (come quello magistrale di Setif, in cui s’e’ chiamato fuori dall’agone del futuro del Paese), ha certo riconquistato parte degli scontenti, che sono stati molti, considerato il tasso di astensionismo (al 57,64 per cento).
Piu’ concretamente occorrera’ vedere quale sia stata la ripartizione geografica del voto, tenendo conto delle denunce presentate dall’opposizione gia’ prima dell’apertura dei seggi.
Come, solo per fare un esempio, per lo spostamento di migliaia di militari da una provincia all’altra alla vigilia del voto, quasi a volere corroborare cosi’ i consensi per la vecchia maggioranza laddove apparivano traballare un po’ troppo.
E ci sara’ anche da capire se, dati alla mano, quel distacco dalla partecipazione politica di alcune regioni, come la Cabilia, sia parte di un processo irreversibile oppure possa essere ancora considerato un segnale. Ma di certo i futuri nocchieri della Repubblica dovranno interrogarsi come mai sia possibile che, nella capitale, sia andato a votare solo il 31 per cento degli aventi diritto. E se per Algeri ci puo’ essere una spiegazione plausibile, visto il ribollire della sua immensa periferia dove le banlieu sono il crogiuolo di fortissime tensioni sociali, piu’ inesplicabile e’ quanto accaduto a Tizi Ouzou, dove alle urne s’e’ recato solo un elettore su cinque.
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