Che il doppio turno alle elezioni sia uno strumento sbagliato, lo sostenevo già in uno scritto del 2007, in tempi non sospetti, quando l’onda elettorale si stava muovendo verso destra. Oggi i fatti mi stanno dando ragione. La misera affluenza alle urne, fa sì che ad eleggere chi amministra molte città sia un gruppo minoritario di cittadini. Il fatto che gli elettori disertino le urne, per una loro riprovevole ma libera scelta, non assolve nè giustifica il doppio turno. La conseguenza è che in questo modo si debilita la democrazia, perchè la rappresentatività viene a mancare.
Spiace vedere quali siano stati i risultati delle elezioni amministrative. Comunque, che gli elettori oggi si spostino per la maggioranza a sinistra, non è del tutto certo, perchè sembrano smentirlo i sondaggi a livello nazionale. E infatti i neosindaci sono stati eletti da minoranze. Vedremo poi se i nuovi sindaci sapranno amministrare meglio le città. L’esperienza Pisapia a Milano, non sembra molto incoraggiante.
Si può discutere quanto si vuole su quali siano le cause dell’astensionismo, ma individuarne le ragioni (la disaffezione dalla politica, le preoccupazioni per la crisi, la disorganizzazione del Pdl, ecc.) non modifica ipso facto la situazione. Una delle cose che occorrono, è far tesoro della deludente esperienza di queste elezioni e porvi un rimedio con la prossima riforma della legge elettorale, che a mio parere dovrebbe interessare anche le elezioni amministrative, stabilendo un metodo che non preveda il doppio turno. In questo modo, oltre ad evitare sindaci eletti da votanti che sono solo la quarta parte degli aventi diritto, si risparmieranno anche molte spese.
A proposito di sistemi elettorali, si discute da secoli. Matematici e filosofi, come Borda e Condorcet, hanno creato vari metodi, nessuno dei quali è esente da critiche e da limiti a volte paradossali. Oggi in Italia per le elezioni politiche si chiede a gran voce il ritorno delle preferenze, insieme a un sistema che da un lato garantisca la proporzionalità e mantenga una quota di sbarramento per evitare la frammentazione partitica, e dall’altro assegni un premio di maggioranza per garantire la governabilità. Si dice (erroneamente) che nessun metodo potrebbe assicurare una stessa maggioranza in entrambe le camere, ma la prossima riforma costituzionale dovrebbe rendere superflua questa discussione, perchè verrà eliminato (ci auguriamo) l’attuale sistema bicamerale perfetto e la sua anacronistica doppia o addirittura quadrupla lettura delle leggi. Mi sembra giusto ricordare che questa necessità un tempo la sostenevano solo Berlusconi e pochi altri del centrodestra, e ci fa piacere che oggi se ne siano convinti anche larga parte della sinistra e lo stesso presidente della Repubblica.
Se il governo Letta e il Parlamento che lo sostiene riusciranno ad attuare la riforma costituzionale e la riforma elettorale, meriteranno la nostra gratitudine. Se poi riusciranno anche a mettere in atto misure che consentano la ripresa economica, occorrerà modificare le piazze e dedicare loro dei monumenti. Ma, da quello che si vede fino ad oggi, sembra che Garibaldi e Mazzini sui loro piedistalli abbiano poco da temere. Qui ci vorrebbe una reale sburocratizzazione, una liberalizzazione del mercato del lavoro, una drastica riforma della giustizia scandalosamente inefficiente e di parte, una nuova politica energetica che comprenda il ritorno al nucleare. E soprattutto sarebbe necessaria un’immediata riduzione delle tasse. Ma le tasse non si riducono, perchè non si sa come coprire le mancate entrate. Manca il coraggio di credere che le entrate aumenterebbero perchè aumenterebbero i consumi, che a loro volta, in un circolo virtuoso, darebbero nuovo ossigeno alle imprese. È semplice da capire, ma il governo Monti aveva fatto esattamente il contrario. Ha aumentato le tasse, quindi ha acuito la crisi e causato nuova disoccupazione. Vedremo se l’attuale governo saprà togliere il Paese e la sua economia dalle trappole dei circoli viziosi.
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