“Negli ultimi sedici anni, 1 milione 883mila residenti hanno lasciato il Sud. La metà sono giovani compresi tra i 15 e i 34 anni; di essi un quinto, circa 190.000, sono laureati. Sempre tra i giovani, il 16%, circa 150.000, si sono diretti all’estero. Circa 800.000 di quelli andati via non sono tornati. Anzi, anche quando la ripresa economica si è riavviata, come nel 2016, altri 131.000 residenti si sono ufficialmente cancellati dai comuni meridionali. Nello stesso tempo, anche gli stranieri che dall’inizio di questo secolo tendevano a insediarsi al Sud per ragioni di lavoro e di vita, hanno iniziato ad andarsene. E sappiamo che le mobilità brevi di lavoro accrescono questi dati di 2/3 volte”. Lo dichiarano in una nota congiunta gli eletti all’estero del Pd, Garavini, Giacobbe, Carè, La Marca, Schirò, Ungaro.
“Questi sono i dati non nuovi – proseguono – ma estremamente allarmanti se letti unitariamente, che il Rapporto SVIMEZ 2018 ha messo sul tappeto. Due profili dovrebbero essere considerati con assoluto senso di responsabilità, al di là delle diatribe partitiche e di coalizione: l’acuta decrescita demografica del Sud, che cumula gli effetti dell’andamento naturale con quelli dell’emigrazione, tornata ai livelli degli anni sessanta; la perdita di cervelli e quindi delle capacità direzionali necessarie per progettare e realizzare la tenuta e la ripresa.
Un’Italia condizionata così pesantemente dai fattori strutturali di un’intera area rischia di avere un futuro incerto e forse mediocre. Ecco perché il Mezzogiorno non ha smesso di essere questione nazionale, continua ad essere, anzi, questione generale per le prospettive del Paese.
Alcuni nodi vanno sciolti subito: il sostegno pubblico agli investimenti per la crescita e per un nuovo modello di sviluppo, centrato sulle risorse endogene, e per l’efficienza della pubblica amministrazione; i servizi di qualificazione professionale, orientamento e informazione da fornire a coloro che non hanno la possibilità di aspettare temi medio-lunghi e che comunque decidono di andarsene; uno sviluppo della linea degli incentivi all’assunzione in loco, nonché al ritorno e al rientro, in particolare per i “cervelli” che hanno fatto utili esperienze all’estero, sviluppando su questo, coerentemente e decisamente, le politiche dei precedenti governi”.
“Per quanto ci riguarda – concludono i dem -, saremo attenti e pronti a cogliere le occasioni che si presenteranno a livello parlamentare per portare il nostro contributo, soprattutto in termini di comparazione con le esperienze più utili fatte in altri paesi”.