Giuseppe Ciarrapico, suo figlio Tullio e altre dieci persone, sono state rinviate a giudizio perchè accusate dal Tribunale di Roma di avere realizzato una truffa da oltre 30 milioni di euro, con un danno ipotetico all’erario che si avvicina ai 45 milioni di euro. Come? Ciarrapico avrebbe creato due cooperative editoriali per ricevere indebitamente contributi della presidenza del Consiglio dei ministri. Nei confronti degli imputati vengono contestati i reati di truffa aggravata ai danni dello Stato, favoreggiamento, violazione della disciplina della responsabilità amministrativa delle società, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Fissata per il 28 giugno la prima udienza del processo davanti al giudice monocratico.
Secondo l’accusa, il senatore avrebbe costituito due cooperative editoriali, di cui erano amministratori due ultra ottantenni, in veste di prestanome. In realtà, secondo l’accusa, le società erano a lui riconducibili. I fondi furono ottenuti "attraverso artifizi e raggiri, consistiti – si legge nel capo di imputazione – nel presentare una falsa situazione di fatto e contabile delle predette società, in particolare fornendo false dichiarazioni relative all’insussistenza delle condizioni di incompatibilita”, ossia che "non fruiscano delle medesime provvidenze imprese collegate con l’impresa richiedente, o controllate da essa, o che la controllano, o che siano controllate dalle stesse imprese, o dagli stessi soggetti che la controllano; nonchè‚ attestando falsamente che la maggioranza del relativo capitale sociale era posseduta da società cooperativa, quest’ultima risultata, di fatto, svuotata di un seppur minimale potere decisionale’. In sostanza l’editore e senatore del Pdl avrebbe fatto ricorso ai benefici della legge 250/90 con due societa’ diverse mentre in realta’ esse sarebbero, di fatto, un’ unica impresa.
Tutto cio’ ha consentito, eludendo le norme, di incassare il doppio di quanto spettasse.
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