Si dice, così sembra, si racconta. E la verità non dovrebbe essere poi troppo lontana dalle voci. Le chiacchiere, chiamiamole così, acquisiscono consistenza giorno dopo giorno. Il Messaggero, storico quotidiano di Roma con cent’anni di vita alle spalle, starebbe seriamente pensando di cambiare pelle e faccia.
Complice la crisi della carta, che impone drastici risparmi e pesanti tagli, la famiglia Caltagirone, proprietaria della società editrice il Messaggero, sarebbe sul punto di affittare il piano terra con ingresso della storica pensilina e il piano inferiore al brand Armani. Giornalisti e dipendenti subirebbero di conseguenza uno schiaffo in faccia: l’ingresso del giornale non avverrebbe più da via del Tritone, ma dall’attuale ingresso d’emergenza di via dei Serventi. Ma questa non è solo una questione di faccia. La pelle del Messaggero è destinata a sopportare un nuovo lifting. Un imminente dimagrimento sotto forma di un’altra richiesta di "stato di crisi". Sembra questa la precisa intenzione della famiglia Caltagirone. Andrebbero a casa 39 giornalisti. Laddove si prospettano purtroppo giorni bui anche per l’altra testata di famiglia, il free press Leggo. C’è già chi ne ipotizza la chiusura a giugno. Il provvedimento farebbe seguito all’abolizione, già avvenuta, di alcune redazioni periferiche: Napoli e Firenze, per citarne solo due. Il panorama si annuncia fosco, colpa della crisi in generale, non solo del costo della carta.
Il Messaggero potrebbe quindi dire addio alla storica sede di via del Tritone. Se così sarà, svanirebbe di botto il ricchissimo archivio che contiene milioni d’immagini catalogate e digitalizzate. Testimonianze di oltre 100 anni della presenza dello storico quotidiano in città. Se questa sarà la conclusione, andrà via anche la vecchia Linotype che faceva bella mostra di sè nell’atrio che ha visto transitare Papi, Capi di Stato, direttori, sindaci. Testimonianza, questa, del passaggio della stampa a caldo, col piombo, alla fotounità. Momento di transizione dalla tradizione all’avvento dell’informatica. Proprio l’esigenza di essere più informatici potrebbe portare alla chiusura del free press Libero.
Nella sede di via Nazionale è in corso un’operazione immobiliare per liberare spazi commerciali e tre negozi, occupati attualmente da un ottico, un gioielliere e da un istituto di credito. La società editrice proprietaria dei locali ha fatto recapitare agli affittuari stratosferiche richieste di aumento dell’affitto. Una chiara manovra per convincere a lasciare i locali.
"Leggo", intanto, ha vinto la gara per la distribuzione del giornale sulla rete nazionale dei trasporti. Ma la società stessa vincitrice dell’appalto ha presentato ricorso contro l’aggiudicazione della gara. Una strana azione, addirittura singolare, a tutta prima. L’editrice di Leggo obietta che il secondo concorrente avrebbe presentato un’offerta risibile (diciamo pure ridicola) a fronte di oltre 400mila euro l’anno che Leggo pagherebbe per garantirsi la Metropolitana come network distributivo. Ma c’è chi annuncia in termini espliciti l’imminente chiusura della testata. La conseguenza
sarebbe grave e pesante: i giornalisti di Leggo verrebbero trasferiti in blocco alla nuova edizione online del Messaggero, prevista a giugno. Secondo la famiglia Caltagirone, la mossa dovrebbe garantire lo sbarco in grande stile del Messaggero su Internet. L’obiettivo finale è di trasferire in rete la guerra delle copie contro La Repubblica. Se vendita sarà, al piano seminterrato e al piano terra dello stabile di via del Tritone 152, la casa del Messaggero, dovrebbe sorgere un megastore By Armani. Luci forti e due vetrine, una su via del Tritone, l’altra su via del Traforo. Un megastore da sballo, ultramoderno, in pieno Centro Storico. Ma la storia? Visti questi tempi di crisi e miseria, quella non interessa più a nessuno. E nessuno se ne occupa, fatti salvi i discorsi di facciata. L’Italia ne è piena. La storia, se vogliamo, è ridotta a brandelli. Tagliuzzata con le forbici del cinismo e la lametta delle esigenze economiche. Si salvi chi può, ormai è una sorta di motto per noi tutti. Al Messaggero è già finita a buone donne anche un pezzo di tradizione: non c’è più l’ex sede della Bna, ora Monte Paschi di Siena, agenzia 111. Ha deciso di lasciare, niente più sportello all’interno della sede del giornale. La proprietà le ha fatto recapitare una lettera di aumento di 25mila euro mensili per l’affitto di pochi metri quadrati. Un altro pezzo di storia che se ne va: davanti a quello sportello hanno fatto la fila giornalisti di almeno tre generazioni. Lo stipendio lo ritiravano lì. Domani non si sa dove, ma non più all’interno del loro giornale, il
Messaggero.
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