L’Italia uscira’ dalla crisi entro i prossimi 3 anni, ma in condizioni peggiori di prima. Il primo segnale della ripresa sara’ la diminuzione della disoccupazione. Tra 10 anni saremo pero’ piu’ poveri. Per cambiare il Paese ci vorrebbero le riforme, o la "rivoluzione". Sono i risultati di un sondaggio tra gli italiani realizzato per le Acli da Ipr Marketing, in collaborazione con Iref (l’istituto di ricerca delle Acli) – "Come e quando usciremo dalla crisi economica?" – diffuso alla vigilia del 24° Congresso nazionale delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani.
L’appuntamento delle Acli, che aprira’ domani pomeriggio a Roma, e’ dedicato al tema "Rigenerare comunita’ per ricostruire il Paese", e vedra’ intervenire tra gli altri il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Elsa Fornero, e il segretario generale della Conferenza episcopale italiana mons. Mariano Crociata.
100 euro per andare in crisi. "Quanto peserebbe sul bilancio mensile della sua famiglia un spesa imprevista di cento euro?" e’ la prima domanda rivolta ad un campione rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne. Per sei italiani su dieci (60,2%) peserebbe molto o abbastanza. Piu’ preoccupati di fronte a una spesa fuori budget sono i cittadini del Sud (70,9%), le donne (68,7%) e gli under 35 anni (62,7%).
Quasi la meta’ degli intervistati (47,5%) ha iniziato a percepire in concreto nella vita quotidiana gli effetti della crisi economica tra il 2010 e il 2011. Il 14,8% del campione era gia’ in una situazione di sofferenza economica prima del 2008. La grande maggioranza degli italiani (72,4%) non riesce a leggere in questa crisi un’occasione di progresso o cambiamento.
Il futuro? Preoccupazione e insicurezza. Preoccupazione (27,45), insicurezza (17,3%) e pessimismo (12,4%) sono i sentimenti dominanti quando si pensa al futuro. La speranza precede il pessimismo tra gli uomini over 54enni, i laureati e i cattolici praticanti.
Per uscire dalla crisi sociale ed economica del paese, secondo gli italiani non si puo’ non puntare su una maggiore equita’ (24,9%) e moralita’ (22,8%) generale da un lato e dall’altro occorre far leva sulla competenza (18,5%) delle classi dirigenti e sull’innovazione (12,7%).
La crisi la devono pagare "i piu’ ricchi" (74,8%). La richiesta di una maggiore equita’ sociale emerge anche in relazione all’opinione degli italiani su chi deve pagare la crisi. Il 74,8%, del campione, infatti, ritiene che siano i cittadini piu’ facoltosi a dover sopportare il carico maggiore della crisi.
Opinione, questa, diffusa in maniera trasversale e con la stessa intensita’ in tutti i segmenti socio-demografici della popolazione.
Un leader giovane e competente. Chi ci togliera’ dalla crisi? Non importa che sia uomo o donna (25%) o sposato (14%) o cattolico (9%); men che meno che sia capo di un partito (6%): il leader futuro sara’ giovane (53%) e con competenze professionali all’altezza delle sfide attuali; sara’ laureato per il 49% degli intervistati, una persona esperta, se necessario docente universitario (37%).
Sul fronte degli interventi da effettuare, per la grande maggioranza degli italiani, la persona che ci togliera’ dalla crisi dovra’ occuparsi prima delle famiglie e poi dei conti dello Stato (75%) e tenere conto delle indicazioni delle istituzioni internazionali (56%). Questa leadership competente e’ dunque consapevole dei problemi di equita’ interna che contraddistinguono l’attuale panorama italiano, ma e’ altresi’ consapevole della fitta rete di relazioni e di scambi di cui l’Italia e’ partecipe.
Cambiare il Paese, tra riforme e "rivoluzione". Cosa occorre per cambiare il nostro Paese? Per la maggioranza degli intervistati (50,9%) la strada da seguire e’ quella riformista, con interventi graduali e condivisi (35,7%) ma anche impopolari (14,6%). I piu’ propensi a una via riformista sono gli uomini, gli over 54enni, e i cattolici praticanti.
Ma la crisi porta con se’ anche atteggiamenti radicali: quasi un terzo del campione (32,%) vede la "rivoluzione" come unico mezzo per trasformare l’Italia (32%). Per il 17,2% degli intervistati "questo Paese non cambiera’ mai". Un segnale che non va affatto trascurato ed e’ figlio probabilmente di quella sfiducia nei partiti e di quel sentimento di antipolitica che sta montando in questi ultimi anni.
La crisi finira’ entro 3 anni. Per gli italiani i segnali piu’ evidenti che il Paese stara’ uscendo dalla crisi saranno l’aumento dei posti di lavoro (26,3%) e la conseguente ripresa dei consumi (19,8%). Opinione questa condivisa in maniera trasversale da tutta le fasce di popolazione intervistate.
Gli italiani sono poi moderatamente ottimisti sui tempi di uscita dalla crisi del nostro paese. La maggioranza (51,3%) intravede la fine del tunnel entro i prossimi 3 anni. Il 37,7% ritiene, invece, che i tempi siano piu’ dilatati e che si’, si uscira’ dalla crisi. ma non prima di 4-10 anni. In ogni caso, solo il 10,9% e’ scoraggiato al punto da ritenere che l’attuale situazione sia senza ritorno.
Piu’ poveri tra 10 anni. Usciremo dalla crisi, ma come? Il 40,2% degli italiani pensa che l’Italia uscira’ dalla crisi in condizioni peggiori di prima. Per il 30,5% ,invece , l’Italia si riprendera’ come prima della crisi. Quasi un terzo degli italiani, pero’, vede un futuro migliore quando la crisi sara’ passata. Si tratta soprattutto di uomini (34,5%), di persone oltre i 54 anni (32%) e residenti nel Sud (33%).
Proiettandosi nel futuro, il 44,7% degli intervistati si immagina piu’ povero tra 10 anni, a fronte del 19,1% che invece confida su un miglioramento della propria condizione. Emerge una forte divaricazione tra giovani e laureati da un lato – che in misura maggiore si mostrano piu’ ottimisti verso il futuro – e anziani e persone con titolo di studio non elevato dall’altro tra i quali regna in misura maggiore scoramento e sfiducia.
Per il presidente delle Acli, Andrea Olivero, che domani aprira’ il Congresso dell’associazione:, "il Paese ha bisogno di ripartire ricostruendo il rapporto di fiducia con i cittadini e rianimando il sentimento di speranza, offrendo un modello e un progetto credibile di sviluppo. Il risanamento dei conti non basta. Gli italiani mostrano di aver ben chiare le priorita’: lavoro, giustizia e onesta’. La strada da percorrere e’ quella delle riforme, per cambiare in meglio questo Paese, senza lasciare altro pericoloso spazio ad astensionismo e antipolitica".
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