Ho ritirato un prodotto che avevo prenotato presso un centro Mediaworld, ma l’operazione mi è parsa così surreale da segnalarla al pubblico e agli utenti.
Avevo lasciato un acconto e, dopo che l’articolo è arrivato, ho parzialmente compilato un assegno aziendale e mi sono recato direttamente al reparto dove ordinai l’oggetto. Al reparto, e questo è comprensibile, mi dicono di andare prima a saldare il conto e poi tornare a ritirare quanto acquistato. Ma è proprio al bancone dei pagamenti che mi è sembrato di essere in Questura.
L’addetta, la quale non ha alcuna responsabilità personale, quando ha visto l’assegno con la mia firma, mi ha fatto rifare un secondo assegno perché voleva vedere lei stessa mentre lo firmavo. Mi ha chiesto un documento, lo ha fotocopiato e poi ha trascritto tutti i miei dati dietro l’assegno stesso. Ha inoltre preteso tutti i recapiti miei personali, oltre a quelli aziendali, compreso indirizzo della mia abitazione privata e del mio telefono privato. Ha posto come condizione determinante il numero di conto corrente, che per fortuna avevo scritto da qualche parte.
A questo punto ha fatto una telefonata, probabilmente in banca, chiedendo conferma di tutti i dati registrati. Risultava a chi era dall’altra parte del filo che l’azienda era in un altro indirizzo. E allora? Sì, ho risposto, abbiamo cambiato indirizzo. L’addetta, anziché chiedere se l’indirizzo precedente fosse corretto, ha voluto che pronunciassi io il nome della via dove avevamo la sede.
Infine, l’interrogatorio è proseguito chiedendomi se avessi soci e i loro nomi e cognomi. Io ho chiesto se volesse anche il numero di scarpe o le mie impronte digitali. Ho comunicato seccato che non mi vedranno mai più in quel negozio. Ho aggiunto che se mi comportassi io in quel modo con i miei clienti, li perderei tutti, indistintamente. Io, per vivere, accetto i pagamenti quando arrivano e se mi azzardo a chiedere un dato di troppo, mi mandano a quel paese. Io non darò più un centesimo a Mediaworld perché hanno avuto la capacità di far sentire il cliente come un delinquente schedato dalle Forze dell’Ordine.
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