Una citta’ completamente deserta e ‘muta’, con scuole, chiese, negozi e uffici chiusi; ogni servizio pubblico sospeso, ad eccezione degli ospedali, e check point della Polizia per le strade. E’ cosi’, totalmente paralizzata, che Freetown, capitale del Sierra Leone duramente colpito dall’epidemia di Ebola, si e’ presentata agli occhi di Giovanni Putoto: medico specializzato in malattie tropicali, e’ arrivato nel Paese africano lunedi’ scorso, a sostegno del progetto della ong ‘Medici con l’Africa Cuamm’.
”Sono atterrato a Freetown – spiega Putoto, responsabile Cuamm per la programmazione nei paesi africani e con una lunga esperienza in queste terre – in un aereo quasi vuoto. La citta’, ed il Paese, sembrano paralizzati. Lunedi’ scorso – racconta – il governo ha proclamato lo ‘Stay at home day’, ovvero la ‘Giornata dello stare a casa’, con l’obiettivo di cercare di ridurre i contatti e, cosi’, il contagio tra la popolazione. La gente si e’ attenuta alle diposizioni e non e’ escluso che altre Giornate ‘a casa’ siano decise”.
Dalla capitale, prosegue, ”ho raggiunto il distretto di Pujehun dove e’ attivo un ospedale governativo. Qui i medici Cuamm sono presenti dal 2012, prima di Ebola, a supporto di un programma per la salute di madri e bambini, in un Paese che registra tra i piu’ alti indici di mortalita’ materno-infantile”.
L’impatto e’ stato forte, a partire dai numeri: ”L’epidemia si sta diffondendo velocemente, con casi e morti in tutti i distretti. Purtroppo, la situazione e’ fuori controllo. Nel nostro ospedale – dice – si sono avuti due morti certificati per Ebola negli ultimi tre giorni e altri morti sul territorio a seguito di contatti con gli infettati. I focolai aumentano e in un presidio vicino al nostro solo ieri sono stati registrati 17 nuovi casi positivi al virus, mentre in un altro vicino ospedale si contano 20 operatori sanitari locali deceduti a causa del contagio”.
Ad aggravare la situazione, afferma, ”il fatto che la gente ha sempre piu’ paura, e come riflesso si sta avendo anche un crollo delle vaccinazioni e dei parti assistiti, con conseguenze gravissime”. Le emergenze sono dunque tante ma ”a parte la disponibilita’ di medicinali per assistere gli infettati – sottolinea il medico – la priorita’ ora e’ cercare di interrompere la catena di trasmissione del virus, e per fare cio’ e’ necessario intervenire in modo capillare nelle comunita’ e nei villaggi, individuando e isolando tutti i casi sospetti. Ma tutto questo e’ estremamente difficile da attuarsi nella pratica”. La malattia pero’, tiene a precisare, ”si puo’ controllare, e addirittura portare all’estinzione, se si adottano i giusti interventi a livello di educazione della popolazione e di assistenza ospedaliera”.
La speranza, ora, e’ che arrivino i fondi promessi dall’Organizzazione mondiale della Sanita’: ”Mancano le risorse finanziarie per far fronte all’epidemia; basti pensare che la spesa pro-capite annuale sanitaria in Sierra Leone e’ di soli circa 6 dollari”. Padovano, 54 anni, Giovanni ha 4 figli e nell’ospedale africano e’ impegnato con altri 4 medici del Cuamm: ”Rimarro’ qui finche’ sara’ necessario – afferma – e la mia famiglia mi capisce e mi incoraggia. Il Paese e’ alla paralisi ma a sostenermi – dice – e’ un’immagine che ho sempre in mente, quella di due donne che, uscite guarite dal nostro reparto, mi sorridono e mi salutano con la mano”.
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