Sergio Gioli in un articolo pubblicato su Il Giorno s’interroga su quello che definisce “l’errore di chi spinge i figli a lasciare l’Italia”.
In particolare i tanti “giovani istruiti, benestanti, per lo più figli delle classi dirigenti” che guardano all’estero in quanto oltre confine vedono l’unica speranza di fare carriera. E, afferma Gioli, “dal loro punto di vista hanno ragione”.
“Meno ragione hanno padri, madri, perfino professori, che li spingono su questa strada”.
“A scuola e in famiglia ormai è un ritornello: studia e appena puoi scappa, tanto qui fa tutto schifo. In certi ambienti è una moda, se non dici che tuo figlio andrà a lavorare come minimo in America o in Australia sei uno sfigato. Ma siamo sicuri che sia questo il nostro compito di genitori? Siamo proprio certi che sia giusto insegnare il disprezzo per il proprio Paese, la rassegnazione e l’ arte della fuga? Non dovremmo, al contrario, insegnare ai ragazzi che le cose si possono cambiare? Che rimboccandosi le maniche domani potrebbe essere migliore di oggi?”.
Sono interrogativi legittimi quelli che propone il giornalista. Da parte nostra, vorremmo rispondere che sì, è giusto secondo noi che un giovane possa fare un’esperienza di studio o di lavoro oltre confine. Ma con la speranza che un giorno possa rientrare in Italia, arricchito a livello umano, professionale, economico.
Non è questione di “moda”. E’ che l’Italia non riesce ad offrire ai propri giovani ciò che invece riescono ad offrire altri Paesi nel mondo: opportunità di lavoro ben retribuito, quindi migliori salari, più possibilità di crescere e fare carriera. Fin quando sarà così, i nostri giovani saranno sempre tentati di lasciare lo Stivale per andare a cercare all’estero migliori opportunità.