Prima di entrare nel merito della valutazione della politica estera del Governo Meloni è bene esporre alcune premesse:
- In Italia hanno base stanziale almeno 12.000 militari americani, più il personale civile. In Germania i militari americani costantemente presenti sono circa 35.000. In entrambi i Paesi si dividono tra basi NATO e basi prettamente americane. Armamento di tipo nucleare sono presenti nei due Paesi, ma solo le autorità americane hanno possibilità e diritto di usarle.
- Ogni banca centrale possiede riserve valutarie ed in oro per garantire la propria economia. Da quando esiste la Banca Centrale Europea le riserve valutarie sono nella disponibilità di quest’ultima. Le riserve di oro italiane ammontano a circa 2450 tonnellate così distribuite: Italia: tonnellate 1100 e cioè il 44,86%; Stati Uniti (Federal Reserve di New York): tonnellate 1061,5 cioè 43,29%. Il restante, circa 12%, è diviso tra la Banca d’Inghilterra a Londra (5,76%) e la Banca dei Regolamenti Internazionali in Svizzera (6,09%). L’oro delle riserve della Germania ammonta a 3366 tonnellate e anche questo è distribuito in varie sedi tra cui la maggiore custode sta negli Stati Uniti.
- L’Italia ha un debito pubblico enorme che espone il Paese ad azioni non necessariamente positive da parte di grosse società finanziarie internazionali (soprattutto americane) e da parte di Governi potenzialmente non soddisfatti del nostro comportamento (vedi ad es. ciò che successe nel 2011) È evidente che, anche considerando gli ultimi avvenimenti che hanno riguardato beni russi depositati all’estero, il margine d’azione di qualunque Governo nei confronti delle volontà degli Stati Uniti non può prescindere da questi fatti. Se vogliamo ora guardare ai due conflitti in corso vicino all’Europa, l’Ucraina ed il Medio Oriente, dobbiamo osservarli separatamente.
UCRAINA
Qualunque osservatore indipendente con conoscenza reale degli avvenimenti sa che la questione Ucraina non è cominciata nel 2022 né nel 2014. Poiché ho avuto occasione di visitare più volte l’Ucraina sin dal momento della sua indipendenza, ho notato sin dall’inizio degli anni ’90 quanto fosse pervasiva la presenza di ONG americane che si distribuivano su diverse aree del territorio.
Il loro scopo dichiarato era di aiutare lo sviluppo di un’organizzazione democratica delle istituzioni locali e, nel farlo, oltre a “corsi di formazione”, provvedevano a selezionare giovani politici ucraini promettenti per invitarli per circa un mese negli Stati Uniti affinché conoscessero la “vera democrazia”, cioè quella americana. Naturalmente tutto era a spese della ONG invitante (in particolare: German Marshall Fund).
Tralascio i dettagli che riguardano il colpo di stato del 2014 a Maidan ma ricordo che l’operazione di inglobare l’Ucraina nel mondo occidentale cominciò dal momento dell’indipendenza. Non a caso, su richiesta svedese e polacca fu istituito in Europa il cosiddetto “Eastern Partnership “che puntava a stringere sempre di più i rapporti tra l’occidente e Paesi dell’ex-Unione Sovietica. Va inoltre ricordato che, nonostante all’incontro sulla sicurezza di Monaco di Baviera del 2007 Putin avesse sottolineato come ogni ulteriore allargamento della NATO sarebbe stato visto da Mosca come atto ostile, all’incontro NATO di Bucarest del 2008 gli americani avevano imposto di inserire nell’ordine del giorno proprio l’ingresso nella NATO di Ucraina e Georgia.
L’operazione non andò a buon fine per l’opposizione di Francia e Germania (cui si accodò, timidamente, l’Italia) che temevano una reazione fortemente negativa da parte russa. Tralascio anche gli accordi di Minsk I e di Minsk II che avrebbero potuto porre fine al conflitto nel Donbass ma ricordo soltanto che sia Merkel che Holland hanno pubblicamente dichiarato (lo scorso anno) che quell’accordo era stato firmato da parte europea e ucraina solo con l’intento di guadagnare tempo e armare così maggiormente le truppe ucraine. Ugualmente tralascio le ragioni del fallimento del pre-accordo di Istanbul (marzo 2022) per chiudere immediatamente la guerra della Russia contro l’Ucraina, accordo che non fu ratificato da Kiev grazie all’intervento in senso contrario del britannico Boris Johnson che si recò appositamente a Kiev.
Considerato tutto quanto sopra, incluse le premesse, è comprensibile che il Governo Meloni si sia adeguato alla folle politica americana ed europea di armare e sostenere la guerra dell’Ucraina invasa dalle truppe russe. Berlusconi, se pur improvvidamente, disse la verità quando dichiarò che l’obiettivo di Putin non era di annettersi l’Ucraina bensì di ottenere che a Kiev ci fosse un governo non pregiudizialmente ostile a Mosca. Proprio recentemente, lo stesso Prodi ha dichiarato che, fin dall’inizio, l’operazione di annettere l’Ucraina nella NATO fosse un errore perché la soluzione migliore per tutti, compresa la stessa Ucraina, sarebbe stata quella attribuita all’Austria durante la guerra fredda. Cioè neutralità.
Se si vogliono capire i motivi per cui il blocco anglo-sassone e, in particolare, gli Stati Uniti hanno perseguito la loro folle politica verso l’Ucraina, basta leggere il libro che Brzezinski ha pubblicato nel 1997: La Grande Scacchiera, con sottotitolo (cito a memoria): Cosa devono fare gli Stati Uniti per garantirsi la loro dominanza egemonica sul mondo.
Che l’Occidente e quindi il Governo italiano stia commettendo un enorme errore strategico nel continuare a sostenere la “marionetta“ Zelensky lo dimostrano (oltre le decine di migliaia di morti e le distruzioni in atto) almeno due fatti:
1) Abbiamo costretto una Russia, di per sé reticente, nelle braccia della Cina, unico vero competitor economico e politico dell’Occidente. Nonostante le dichiarazioni, oggi ridicole, di politici e pseudo analisti europei ed americani, non abbiamo messo in ginocchio l’economia russa né abbiamo “isolata” Mosca nel mondo. Il recente incontro di Kazan dei BRICS lo dimostra.
2) L’economia europea è, al contrario, in gravi difficoltà e in particolare la Germania soffre soprattutto per il criminale attentato (su cui, se volete, potremmo scendere nei dettagli) che ha distrutto i gasdotti North-stream 1 e 2. Anche se il Cancelliere Sholtz presiede un governo particolarmente instabile e i popolari arrivano addirittura a chiedere che all’Ucraina siano consegnati i missili a lungo raggio Taurus, lui continua a negarne la dazione e il 23 ottobre scorso una sua delegazione si è incontrata a Baku con una delegazione russa per parlare, almeno è quanto ufficialmente si è saputo, di energia. Noi non possiamo sapere se, in maniera discreta, anche il nostro Ministero degli Esteri stia intraprendendo qualche iniziativa simile ma se ciò che appare pubblicamente è l’unico atteggiamento condotto dal nostro Governo non possiamo che definirlo un comportamento politico masochista.
MEDIO ORIENTE
Se dovessimo praticare una anamnesi medica su Israele e sui palestinesi (sia di Gaza sia in Cisgiordania) dovremmo concludere che il più sano di loro ha la peste. Da anni si sostiene che l’unica soluzione possibile, per di più ottimale, al conflitto Israelo-Palestinese sarebbe la coesistenza di due stati indipendenti. Purtroppo, chiunque conosca la situazione sa che nessuno dei due contendenti ha mai voluto arrivare veramente a ciò.
A parte i fanatici religiosi ebrei e gli ultra nazionalisti israeliani, anche tra i più moderati esiste in Israele il dubbio che uno stato palestinese ai propri confini costituisca per sempre una minaccia alla sopravvivenza dello stesso stato israeliano.
La diffidenza tra i due popoli data da ancora prima che l’ONU decidesse la nascita dello stato israeliano attuale e ogni tentativo di andare oltre è stato soffocato nel sangue (vedi Rabin). Da parte palestinese occorre considerare che Hamas, gruppo fortemente integralista religioso, nel suo atto costitutivo ha come obiettivo la sparizione totale di Israele.
Durante una mia visita a Gaza ho visto personalmente sulle pareti delle aule di una scuola gestita e finanziata dall’ONU (UNRWA) mappe geografiche in cui erano evidenziati Libano, Siria, Giordania ed Egitto ma nel mezzo esisteva un’unica entità chiamata Palestina. Di Israele nessuna traccia.
Il direttore di quella scuola, un norvegese da me interrogato a proposito evitò ogni risposta seria, così come fece in merito ai cartelli che riempivano le pareti di quelle aule incitando gli alunni all’odio contro ebrei e britannici. Anche in Cisgiordania l’atteggiamento vero, di là dalle dichiarazioni rilasciate ai giornalisti occidentali e nelle sedi internazionali, non è mai stato di apertura ad un dialogo con Tel Aviv e, non a caso, il governo dell’autorità palestinese ha sempre finanziato le famiglie degli attentatori palestinesi morti durante le loro azioni criminali contro realtà anche civili israeliane.
Questi attentatori morti da Ramallah sono sempre stati definiti quali “martiri”. I governi italiani hanno sempre cercato di avere un atteggiamento il più possibile bilanciato nei confronti di Israele e dei Paesi arabi. Va ricordato en passant, che, a differenza delle loro popolazioni, i governi dei Paesi arabi da diversi anni a questa parte non parteggiano realmente per la causa palestinese ma preferirebbero di gran lunga avere rapporti di collaborazione con Israele. Gli accordi di Abramo e la programmata adesione dell’Arabia Saudita lo stanno a dimostrare.
La carneficina in atto dopo i crimini del 7 ottobre dello scorso anno sia nella Striscia di Gaza che in Libano hanno ulteriormente mischiato le carte e reso più complicato per tutti i governi occidentali la gestione del rapporto con Tel Aviv. Va da sé che la sopravvivenza dello stato di Israele, per motivi culturali e politici, è, per gli USA e per l’Europa, una conditio sine qua non. Va tuttavia sottolineato che il Paese che per lunghi anni ha costituito l’unica vera democrazia del Medio Oriente, con i vari governi Netanyahu e soprattutto con quest’ultimo che ha una maggioranza risicata grazie a partiti estremisti religiosi e nazionalisti, è sempre meno definibile come democrazia liberale. In Israele non esiste Costituzione ma ci si basa su alcune Leggi Fondamentali.
L’ultima approvata, contrariamente ai valori dichiarati dall’Occidente, non rispetta le minoranze non ebraiche creando per gli ebrei lo status di cittadini di serie A e per gli altri, cioè i palestinesi residenti dentro Israele, quello di serie B.
Il Governo italiano sta facendo in queste circostanze le uniche cose che può fare e cioè invitare Israele ad evitare le uccisioni di civili, chiedere la liberazione degli ostaggi ancora in mano ad Hamas e ripetere il mantra della soluzione dei due Stati. Anche volendolo, un qualunque Governo italiano non avrebbe l’autorità e la forza politica di fare di più.