Una dopo l’altra, da nord a sud, le aggressioni con l’acido non conoscono una delimitazione geografica o una classe sociale, poiché purtroppo sono trasversali. Forse però sono più difficili da estirpare tra donne che appartengono a strati sociali con bassi livelli culturali, che tendono ad accettare quel tipo di rapporto, ovvero un legame fatto di anche di botte e violenza, quindi donne nemiche di loro stesse.
I tg snocciolano ogni giorno oltre allo stillicidio del femminicidio, anche l’acidificazione di moltissime donne e ciò accade per molteplici motivi.
Questi atti cancellano e ahimè sciolgono letteralmente i tratti di una persona, cambiandola per sempre attraverso un processo dolorosissimo e irreversibile. Ci sono tanti motivi per cui l’acido è uno dei peggiori crimini contro l’umanità esistenti al mondo, ma in alcuni paesi si sta correndo ai ripari, almeno in parte.
L’acido è un’arma invisibile, silenziosa, che costa pochissimo e che si può trasportare in una semplice bottiglia d’acqua, per poi lanciarla addosso a una potenziale vittima prendendola di sorpresa e per giunta cercando di colpirla in viso e quindi anche negli occhi, con conseguenze devastanti.
La donna impiega sempre qualche secondo a realizzare che quella che ha addosso non è acqua comune, bensì il più delle volte, acido solforico. In pochi secondi la sostanza genera una sensazione di bruciore che diventa violentissima e intollerabile. La corrosione fa sciogliere pelle, le terminazioni nervose e perfino le ossa.
Se la parte colpita smette di fare male è perché i nervi sono stati già bruciati e accade velocemente.
Si può anche morire di soffocamento per l’inalazione dei gas, si può morire per le infezioni successive e l’acido può perfino raggiungere gli organi divorandoli.
Questo tipo di attacco verso le donne non avviene solo in Italia, bensì anche in molti paesi africani, sudamericani ma anche negli Stati Uniti. I paesi con la maggiore incidenza di attacchi con acido sono però Bangladesh, India e Cambogia, dove è come se le donne usate come merce di scambio, venissero sistematicamente punite se si permettono di dire “no”.
Il maschilismo ancora granitico che si nutre delle stesse donne nemiche di altre donne, impera ed è duro a morire. La falsa convinzione d’essere superiori e di poter quindi punire la “donna”, del suo ribellarsi ad una società patriarcale, unito alla relativa semplicità di procurarsi acidi corrosivi grazie alla massiccia presenza dell’industria tessile che ne fa largo uso, crea il terreno perfetto per la tragedia.
Spesso ad essere attaccate sono donne che rifiutano un matrimonio. Gli aggressori agiscono per offendere quello che secondo la società è il tratto più importante per una donna, ovvero la bellezza, e di conseguenza la sua capacità di contrarre un buon matrimonio grazie ad essa.
In Bangladesh, però, introducendo una legge che limita l’accesso a sostanze nocive a compratori industriali e commerciali con licenza, gli attacchi si sono sensibilmente ridotti dal 15% al 20% all’anno ed è un inizio. In Italia non si è preso alcun provvedimento al riguardo e chiunque può entrare in qualunque supermercato e comprare dell’acido per aggredire un’ex compagna e questo nonostante gli attacchi siano sempre più numerosi.
Limitare la possibilità d’accedere a sostanze simili sarebbe un inizio, anche se c’è molto da fare a livello educativo, cominciando dalle agenzie educative preposte come la scuola, per non parlare poi dell’inasprimento delle pene, cui il legislatore non ha messo ancora mano.
Infine è importante sviluppare un’alleanza tra donne e uomini, perché ogni volta che una donna è riuscita a raggiungere una vetta, l’ha fatto anche grazie all’appoggio dell’uomo onesto, lungimirante ed equilibrato, poiché se una battaglia è giusta, non va combattuta solo dalle donne, ma da tutti.
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