Da oltre 50 euro il Venezuela è senza luce. Quel dittatore criminale di Nicolas Maduro ha tolto l’energia al Paese. Residenze private, locali pubblici, ospedali: non c’è luce da nessuna parte. Nemmeno all’aeroporto Simon Bolivar, situato nella citta’ venezuelana di Maiquetia (24 chilometri a nord della capitale), dove diversi voli sono decollati con forte ritardo in seguito al blackout che ha colpito la zona.
L’interruzione di corrente ha impedito al personale delle compagnie aeree di registrare i passeggeri sui voli.
Secondo quanto ha riferito Maduro, le reti elettriche venezuelane sono crollate il 7 marzo dopo un guasto a El Guri’, una centrale idroelettrica situata nello stato di Bolivar che fornisce l’80 per cento della capacita’ nazionale, in seguito ad un attacco informatico al sistema di controllo automatizzato della centrale. Ma è chiaro a tutti che los apagones sono causati dal dittatore rosso.
Il blackout iniziato giovedi’ ha interessato tutti i 23 stati del paese.
Intanto la gente muore negli ospedali. Quindici pazienti con malattie renali sono morti per l’impossibilita’ di sottoporsi a dialisi. Lo ha reso la Coalizione delle organizzazioni per la sanita’ e la vita (Codevida), Ong che si occupa di questioni sanitarie. Nove decessi sono stati registrati nello Stato di Zulia, due in quello di Trujillo e quattro all’ospedale Perez Carreno di Caracas.
Secondo quanto reso noto dall’opposizione almeno 17 pazienti ricoverati in vari centri del Paese sono morti nelle ultime quarantotto ore a causa dell’interruzione della corrente. Sono tutte morti, anche queste, che Maduro si porterà sulla coscienza, sempre che ne abbia una.
Nonostante il blackout quasi totale in corso nel Paese, si sono volte a Caracas le due manifestazioni convocate del governo di Nicolas Maduro e dall’opposizione guidata dall’autoproclamato presidente Juan Guaidò, senza che si siano verificati incidenti gravi. Anche a causa della mancanza di energia elettrica il numero dei manifestanti è stato tuttavia inferiore a quello di altre mobilitazioni precedenti.
Maduro, in un messaggio diffuso sul suo account di Twitter, aveva promesso di respingere “la brutale aggressione contro il nostro popolo”, accusando di fatto l’opposizione di aver sabotato la rete elettrica. Parlando poi davanti al palazzo presidenziale di Miraflores, ha definito Guaidò “un pagliaccio e una marionetta” degli Stati Uniti ringraziando le forze armate per non essersi prestate a sostenere “un colpo di Stato” come chiedeva loro l’opposizione.
Guaidò aveva subito risposto sempre via Twitter chiedendo alla popolazione di manifestare “contro il regime usurpatore, corrotto e incompetente che ha gettato il Paese nel buio”. Successivamente Guaidò, nell’impossibilità di allestire un palco, è salito sul tetto di una macchina per parlare ai suoi sostenitori con un megafono: “Dobbiamo denunciare responsabilmente la crisi della benzina, dell’acqua e degli ospedali, una crisi che ha nome e cognome: Nicolas Maduro”.
Guaidò ha poi annunciato di voler fare il giro del Paese e invitare i propri sostenitori a una dimostrazione di massa a Caracas “molto presto”: “Tutto il Venezuela verrà a Caracas perché abbiamo bisogno di essere tutti uniti”.