La XVIII Legislatura è già al lavoro e probabilmente lunedì prossimo il Capo dello Stato Sergio Mattarella, avvierà le consultazioni al fine di avere un panorama chiaro della situazione, che gli consenta di capire a chi affidare l’incarico di formare il nuovo governo.
Il risultato delle elezioni dello scorso 4 marzo probabilmente renderà complesso e arduo il compito presidenziale. Comunque sia, uno degli aspetti di cui probabilmente si occuperà il nuovo Parlamento è il voto degli italiani all’estero. E anche se ci sono settori, specialmente tra i vincitori delle elezioni – Movimento 5 stelle, Lega e Forza Italia – tra i quali annidano i principali oppositori al nostro voto, è difficile prevedere che possano facilmente cancellare la Circoscrizione Estero e i suoi rappresentanti al Parlamento, perché per farlo dovrebbero modificare la Costituzione.
Più facile sarà probabilmente modificare la legge sul voto per corrispondenza sulla quale – tra l’altro – pende la minaccia di una eventuale sentenza della Corte Costituzionale. Ma anche perché sembra che stia crescendo il consenso sul fatto che una riforma va fatta per limitare i “punti oscuri” che possono consentire il rischio di “brogli a scala industriale”, come sono state definite dall’on. Fabio Porta le presunte irregolarità delle ultime elezioni (leggi qui L’INTERVISTA ESCLUSIVA di ItaliaChiamaItalia all’On. Porta).
Infatti, le misure prese dalla Farnesina nell’ambito delle sue possibilità di intervento, sembra che non siano state sufficienti per garantire l’assenza di irregolarità.
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Ragion per cui la comunità italiana organizzata dell’Argentina, che in qualche modo rappresenta quel 59% dei voti emessi nella Ripartizione America Meridionale, dovrebbe svegliarsi dal suo torpore per informarsi e dibattere sulla continuità del voto e su quale sia il sistema migliore per esercitare tale diritto.
Il voto è un diritto costituzionale e democratico che allo stesso tempo comporta il dovere di esercitarlo responsabilmente.
E’ frutto di un percorso di battaglie della collettività e dei suoi dirigenti degli anni ‘60, ‘70 e ‘80, che va esercitato con responsabilità. Ed è anche uno strumento che ci consente di essere partecipi della vita italiana e mantenere un legame profondo – politico e istituzionale – con l’espressione politica del popolo italiano, che è il Parlamento.
Purtroppo negli ultimi anni si è andata affievolendo la consapevolezza di quella nostra appartenenza al corpo politico italiano. Un fenomeno di disaffezione che si verifica in gradi diversi in quasi tutte le democrazie occidentali. La gente non si sente rappresentata dalla politica, pur se essa continua a decidere sulla nostra vita.
Nel nostro caso specifico però, questa caduta d’interesse, di tensione, questa indifferenza, si manifesta anche nell’assenza di reazioni in seno alla nostra comunità sulle denunce di irregolarità nel recente appuntamento elettorale.
Indifferenza dovuta, probabilmente, anche al fatto che la nostra è sempre di più una comunità di discendenti nati qui, che in quanto tali hanno perso i legami che avevano gli emigrati con l’Italia. E che hanno altri interessi.
Ma questo non significa che i legami debbano essere recisi, che venga meno l’appartenenza o che lo strumento voto debba essere abbandonato. Al contrario, si rende necessario il coinvolgimento dei cittadini italiano-argentini attraverso una riscoperta delle loro radici e la proposta di un progetto concreto basato non (o non soltanto) sul richiamo al passato e all’origine, ma a quei sentimenti che alcuni chiamano italicità, altri italsimpatia e che hanno a che vedere più con l’Italia di sempre, di oggi e di domani che con la nostalgia dell’epopea dell’emigrazione del passato.
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Di fronte alla realtà di milioni di cittadini italiani all’estero, in buona parte discendenti, il voto oltre ad essere un diritto/dovere, è anche uno strumento per approfondire i legami, per promuovere consapevolezza, per collegare e arricchire il mondo dell’italicità.
In altre parole, invece di scagliarsi contro il voto degli italiani all’estero, bisogna lavorare per assicurarne la trasparenza, la sicurezza e la più ampia partecipazione. Un lavoro che spetterà in primo luogo al Parlamento e al nuovo governo, ma che, ribadiamo, deve vedere le nostre comunità informate, interessate e impegnate. Perché bisogna cancellare le zone oscure nelle quali si possono nascondere i furbi, per fa sì che il voto sia l’espressione più ampia e veritiera della nostra volontà di appartenenza.