Dialetti italiani, un vero patrimonio culturale. Prima di tutto, quelle parlate regionali che noi chiamiamo “dialetti” sono a tutti gli effetti delle lingue, nate con l’espansione del latino che si contaminò con le parlate delle altre popolazioni presenti in Italia.
Poi, ci furono le invasioni barbariche e le varie dominazioni che divisero l’Italia per tredici secoli. Così nacquero le parlate volgari.
L’italiano che noi conosciamo deriva dal volgare fiorentino del XIV secolo e divenne la “lingua tetto” della nostra Penisola. Nell’Ottocento, la parlata fiorentina del XIV secolo divenne la lingua nazionale, ma le altre parlate sopravvissero come dialetti.
Ora, i dialetti sono importanti perché rappresentano le varie identità del territorio italiano e perché sono anche le due facce della romanità occidentale. Infatti, i dialetti italiani sono divisi in dialetti settentrionali e in dialetti centro-meridionali.
I primi (divisi in dialetti gallo-italici e veneti) sono afferenti alle parlate neolatine occidentali, come il francese, il ladino, il provenzale, il catalano, lo spagnolo, il gallego ed il portoghese. I secondi, i dialetti centro-meridionali, i quali sono divisi in dialetti toscani, mediani, meridionali, meridionali estremi e sardi, sono afferenti all’area romanza orientale, la quale contempla l’istro-rumeno, il megleno-rumeno, l’aromeno ed il dacoromeno.
Il dacoromeno è il romeno parlato in Romania e in Moldavia.
Dunque, non si tratta solo di una divisione italiana ma anche europea nell’ambito delle lingue romanze. Un lombardo è linguisticamente affine ad un francese ed un campano è linguisticamente affine ad un romeno. Per esempio, “mamma” in romeno si dice “mammeta”, come nel napoletano. I nostri dialetti debbono essere preservati.