Antonio Di Pietro sui risultati delle elezioni in Molise: “Parlate del tracollo del centrosinistra in Molise? A dir la verità il tracollo è iniziato prima, viene da questi anni in cui invece di governare ha pensato a litigare. Poi è finita al punto in cui alle politiche prima mi avevano chiesto di candidarmi, poi alcuni hanno posto dei veti, alla fine sono andati divisi. Quando ti dividi, sei destinato a perdere. La colpa della disfatta in Molise, comunque, è in parte della politica nazionale, in parte della politica locale. Una politica da condominio, non da Ohio, come ho letto da alcune parti”.
Sul dialogo tra Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico: “Alla fine diranno che non si trova una soluzione e che bisogna andare ad elezioni, ma solo dopo aver fatto la legge elettorale. Quindi discuteranno cinque anni di legge elettorale. Chi è in Parlamento prima di accettare di tornare a casa fa di tutto”.
Su Berlusconi: “Ormai non è più un caso politico, è un caso umano. A un certo punto, data l’età, bisogna prendere atto che i suoi sproloqui hanno bisogno più di un medico che di una soluzione politica”.
Sulla trattativa tra Stato e mafia: “Una cosa è certa, io come Di Matteo sono convinto che ci vorrebbe un testimone di Stato, in grado di evidenziare cosa è accaduto in quel periodo, soprattutto con riferimento alla morte di Borsellino. Che Borsellino doveva essere ammazzato lo si sapeva bene, è stata una responsabilità di Stato molto grande lasciarlo così, da solo. L’inchiesta ‘mafiopoli’ portata avanti a Palermo si stava collegando con Mani Pulite. Quando il collegamento stava per scattare, ricordo che il giorno del funerale di Falcone mi incontrai personalmente con Borsellino, che mi chiese di fare presto, perché avevamo poco tempo a disposizione. Eravamo arrivati a un collegamento tra il sistema delle imprese che trainava il Paese a Nord e il sistema delle politica, che passava attraverso un’intermediazione mafiosa. Hanno fermato le indagini, armato pistole, chi lo ha fatto va individuato”.