Luigi Di Maio, candidato premier del Movimento 5 Stelle, dopo avere incontrato, a Washington, Conrad Tribble del Dipartimento di Stato Usa, intervistato da La Stampa di Torino ha dichiarato: “Ho detto che ci prenderemo la responsabilità di non lasciare il Paese nel caos. Cercheremo una convergenza sui temi senza aprire il mercato delle poltrone”, “aspettiamo di vedere la composizione del prossimo Parlamento e se Pd e Forza Italia non avranno i numeri per le larghe intese cosa succederà… A Tribble comunque ho detto che sono fiducioso di arrivare al 40%. Gli ho spiegato com’è andato il voto in Sicilia e che Berlusconi lì poteva contare su portatori di voti che difficilmente troverà in tutta Italia”, “non ho trovato persone terrorizzate da noi. Ho assicurato loro che la squadra verrà presentata prima delle elezioni. Anche ai nostri alleati, in modo che possano conoscere chi saranno i loro interlocutori” e “abbiamo detto che noi con partiti tipo il Fn di Marine Le Pen e Alternative fur Deutchland non vogliamo avere nulla a che fare”.
“A livello internazionale il M5S è riconosciuto come una forza positiva, lo prova anche la nomina del nostro Fabio Massimo Castaldo come vicepresidente del Parlamento europeo” e “gli Stati Uniti sono un alleato, la Russia uno storico interlocutore. Qui sta tutta la differenza. Non siamo isolazionisti. Siamo nella Nato e ci resteremo. Ho ribadito che non siamo filo russi e che è una balla dire che veniamo aiutati da Putin. Il M5S rifiuterebbe qualsiasi tipo di aiuto da parte di Stati esteri che vogliono – se vogliono – condizionare le elezioni”.
Inoltre, in una intervista a Repubblica, aggiunge: “Le valutazioni sull’amministrazione Trump si fanno alla fine. Ma siamo contrari all’abbandono di Cop 21, che per noi era già un accordo insufficiente. Il clima è una questione cruciale, legata a fenomeni come quello dei migranti ambientali”. E conclude: “Voglio essere chiaro: il nostro programma non ha mai messo in discussione la Nato e l’alleanza con gli Stati Uniti. E ripeto: siamo interlocutori storici della Russia, non crediamo che le sanzioni siano uno strumento efficace, ma lo storytelling che ci dipinge come filorussi è falso”.
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