Nel dicembre 2016 (ultimo dato ufficiale pubblico del MAE) si contavano 3278 italiani detenuti all’estero. E’ anche da considerare che il dato si riferisce a tutti quegli italiani che al 31 dicembre 2016 erano ospiti delle carceri straniere, tutti quelli che nell’arco dell’anno vengono liberati o trasferiti non sono censiti in questa statistica.
La gran parte di essi, quasi 2.500, sono detenuti in prigioni europee: il primato lo detiene la Germania con poco più di mille detenuti italiani e al secondo posto la Spagna con quasi 500 italiani ospiti delle strutture carcerarie del Paese.
Innocenti? Colpevoli? Non sta a noi giudicarlo. Nell’arco di vita ed esperienza di Prigionieri del Silenzio abbiamo provato a capirne i motivi. Sono diversi i problemi per cui viene richiesto il nostro aiuto a tutela dei connazionali.
Giovani che pensano di essere troppo intelligenti da dover faticare per conquistarsi un posto onesto nella società e si recano in paesi apparentemente liberi per commettere piccoli furti e conquistarsi un posto nella criminalità, persone che cercano sulle coste andaluse il loro sogno di divertimento e professionale e poi si ritrovano a scontrarsi con la cruda realtà di chi deve lavorare sul serio per vivere. Esistono però anche quelle persone che in contatto con personaggi poco raccomandabili vengono usate a loro insaputa per traffici illeciti. In ogni caso il connazionale si ritrova catapultato nella dura realtà giuridica del paese ospite.
Anche in Europa, seppur si viva una situazione più garantista in termini di diritti umani, talvolta può mancare un trattamento adeguato nel caso in cui ci si debba affidare al sistema difensivo con il quale non si è confidenti. Qui ha origine l’inferno sia per il connazionale che si ritrova lontano dagli affetti ma anche per la famiglia che spesso deve affrontare rilevanti difficoltà sia logistiche che economiche.
Vi parlo della Spagna poiché come Prigionieri del Silenzio è proprio da qui che negli ultimi tempi ci sono arrivate alcune richieste di aiuto che meglio fanno capire quanto sia importante avere informazioni, ma soprattutto rispettare quelle che sono le leggi.
A gennaio di quest’anno, una madre disperata ci ha contattato per avere il nostro supporto. Il figlio appena ventenne qualche giorno prima era stato arrestato a Barcellona per un’accusa di rapina con violenza. Il ragazzo, incensurato si è recato nella città andalusa in compagnia di due amici, stanco della realtà italiana che non gli offriva lussi e divertimenti e pensando che commettendo furtarelli in quella bellissima città avrebbe potuto trovare il suo spazio, lasciandosi convincere dalle promesse di facili guadagni.
Era per lui la prima volta e, varcate le soglie della prigione, si è subito reso conto del madornale errore. A quel punto però non era più possibile tornare indietro.
La madre disperata ci raccontava che i tre ragazzi avevano già ingaggiato un avvocato che in cambio di una cospicua parcella iniziale di 5000, poi diventati 3000 euro a testa, in una settimana avrebbe ottenuto l’espulsione verso l’Italia.
Negli anni ci siamo dovuti spesso confrontare con famiglie che avevano vissuto la stessa realtà affidandosi a facili promesse di risoluzione investendo cospicue somme di denaro. Il risultato che si otteneva era spesso il ritrovarsi per anni ad affrontare altri cavilli che continuavano a tenere le persone care in prigione.
Conferivano il mandato del caso a un avvocato, e poi a un altro e un altro ancora, ricominciando tutto daccapo e convincendosi, come spesso accade in Italia con le questioni governative, che il disastro era stato fatto dall’avvocato precedente.
Nel frattempo si continuava a commettere errori su errori ed era sempre colpa del legale che si era occupato del caso in precedenza, tanto da ritrovarsi spesso ad impegnarsi nel chiedere prestiti.
Il familiare che manca di supporto da parte di persone competenti della zona di interesse, spesso, si affida ciecamente “all’avvocato di turno”, talvolta consigliato da altri detenuti o trovato con una ricerca, spesso poco mirata, sul network.
Non è stato possibile bloccare il primo pagamento di 1.500 euro a testa verso questo avvocato, visto che solitamente la famiglia si affida alle facili promesse di risoluzione. Abbiamo però poi scongiurato il peggio grazie ai nostri contatti con il Comites di Barcellona, nella persona del Presidente Alessandro Zehentner che ci ha affidato a un avvocato di tutto rispetto, Simone Guaglianone.
Questi non solo ha affrontato il caso in modo ineccepibile dal punto di vista professionale, ma anche e soprattutto dal lato umano, spezzando il silenzio che spesso si crea, per colpa di differenze culturali, così come della lontananza o dei problemi linguistici tra un avvocato all’estero e la famiglia in Italia.
Importante in questo caso è stata la collaborazione del nostro Ministero degli Affari Esteri che non si è risparmiato nel trovare insieme a noi informazioni utili sul territorio tramite il consolato. La vicenda si è conclusa con una grande batosta per i nostri piccoli furfantelli (che speriamo abbiano imparato la lezione) e qualche aggravio per le famiglie. Sarebbe potuto accadere il peggio, come per quelle persone che dopo anni di pagamenti ad avvocati che millantano soluzioni immediate, portano quelle famiglie che hanno solo la colpa di amare qualcuno che ha sbagliato o che è stato raggirato alla disperazione.
Noi di Prigionieri del Silenzio ci auguriamo che ci siano altri Alessandro Zehentner nel mondo a rappresentare la comunità italiana e altri Simone Guaglianone a dimostrare che anche gli avvocati, oltre la professionalità, hanno una coscienza e una grande umanità. Ci auguriamo soprattutto che i nostri connazionali imparino a informarsi prima di andare in un paese straniero, che ne rispettino le regole e le leggi senza prendere scorciatoie.