Aldo Magnavacca per il Corriere d’Italia, pubblicazione italiana in Germania
E pensare che una volta esisteva addirittura un Ministero per gli italiani all’estero. Dopo decenni, finalmente, un eletto nella circoscrizione estero faceva parte di un governo italiano con il ruolo di Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale. Ora è stato formato un nuovo governo, sono stati creati nuovi ministeri, ma degli italiani all’estero nessuna traccia.
Ricardo Merlo, sinora primo e ultimo Sottosegretario eletto all’estero con la delega per gli italiani nel mondo, è tornato ai banchi del Senato. L’aritmetica della politica italiana stavolta non gli è venuta incontro. Il nuovo Capo del Governo non ha bisogno dei suoi pochi voti al Senato per stabilizzare la maggioranza.
A nulla sono serviti quindi l’impegno e la serietà che questo Senatore ha già ampiamente dimostrato nel suo ruolo di sottosegretario agli Esteri. A nulla è servito il ruolo di portavoce delle esigenze di milioni d’italiani che sbarcano il lunario oltreconfine. I suoi anni di esperienza di Governo buttati all’aria.
Eppure Ricardo Merlo avrebbe avuto tutti i titoli per entrare in questo nuovo governo anche come tecnico poiché, lasciando da parte le simpatie partitiche e personali, una cosa il Senatore ha ampiamente dimostrato: conosce a occhi chiusi esigenze, aspirazioni e bisogni degli italiani all’estero, soprattutto in America Latina.
Ma la politica italiana è fatta così. Segue altre logiche che rendono possibile l’impiego di un calzolaio in un’officina meccanica mentre il meccanico viene spedito a fare l’idraulico altrove.
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I Partiti, i famosi equilibri nella gestione del potere, il “do ut des” e via dicendo sono regole di vita parlamentare italiana. Un Parlamento, appunto, che non prova alcun imbarazzo nel presentarsi a quel popolo che l’ha letto con la dichiarazione d’incapacità di compattarsi per guidare un Paese in mezzo ai guai.
La nave è in avaria col pericolo di affondamento e i marinai si riuniscono per buttare a mare il capitano. Poi invocano aiuto dall’alto e arriva l’uomo forte, l’uomo dalla biografia impeccabile. Arriva Mario Draghi. In un Parlamento responsabile e ragionevole non ci sarebbe posto per nessun Mario Draghi del mondo.
E ora che Ricardo Merlo è fuori dal ponte di comando, qualcuno crede veramente che saranno prese decisioni a favore dei sei milioni d’Italiani all’estero?
Non vogliamo essere troppo pessimisti, ma c’è da temere che la risposta del nuovo Governo alle esigenze degli emigrati italiani è già pronta nel cassetto e suona più o meno così: “Dobbiamo guidare il Piroscafo Italia in acque pericolose e non possiamo occuparci del pranzo ai passeggeri in terza classe!”.
Figuriamoci. L’argomento “italiani all’estero” tornerà a essere gestito dai burocrati del MAECI. Una specie di tema marginale, non politico, senza peso per gli equilibri parlamentari, ecco cosa rischia di diventare la gestione della vita civile, amministrativa e sociale degli italiani all’estero.
Michele Schiavone, Segretario del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, lo aveva intuito e, mentre si mischiavano le carte per spartire ruoli e poteri nella formazione del super governo Draghi, per questi connazionali emigrati chiedeva una personalità forte e sufficiente considerazione.
Ora, tenuto conto che per legge il Consiglio CGIE è l’organismo consultivo del Governo per le questioni degli Italiani all’estero, se non hanno dato ascolto a Michele Schiavone, a chi mai dovrebbero stare a sentire? Ai diciotto eletti all’estero, dodici alla Camera dei Deputati e sei al Senato? Stiamo freschi. I nostri eletti, tra cui alcuni abbondantemente imbrigliati nelle manovre di partito, hanno già imparato bene e presto i giochi romani della politica italiana.
Certo l’una o l’altro eletto all’estero non smetterà di battere i pugni sul petto consapevole che il pagamento dell’IMU sulla prima casa a carico degli iscritti AIRE è cosa ingiusta, che centinaia di migliaia di persone rischiano di restare fuori dai servizi statali poiché non hanno possibilità di richiedere il famoso SPID, che per avere uno straccio di carta d’identità bisogna aspettare all’estero fino a sei-sette mesi.
Continueranno a farlo con sicura onestà, ma ricordiamoci che se nulla di sostanziale è cambiato con un sottosegretario agli esteri eletto tra di noi, cosa mai succederà ora?
E meno male che Ricardo Merlo è riuscito a fare riaprire alcuni consolati già soppressi, se no a Manchester, Saarbrücken, Tenerife e altrove sarebbero ancora tutti alla fermata del tram per altri anni, aspettando che passi alla velocità della luce Mario Draghi con i suoi supereroi del nuovo governo. Per intenderci, gli italiani all’estero in attesa alla fermata del tram già lo sono da decenni e cioè da quando fu abolito il loro ministero, passando da “soggetto politico” a tema “sociale” con tutto il patos dei ”bastimenti che partono pe’ terre assaje luntane”.