Dialogo. Confronto. Collaborazione. Sono le tre parole d’ordine che vorrei facessero parte del Comites di Santo Domingo. Dei Comites di tutto il mondo, in verità. Ma oggi ci occupiamo di quello della Repubblica Dominicana, in particolare. Che a due mesi dalla sua nascita sembra essere, agli occhi di chi guarda (pochi, in realtà), un organo litigioso e pieno di conflitti al suo interno.
E non parliamo certo di conflitti d’interesse, per carità. Anche perché nessuno ne uscirebbe illeso. Siamo tutti in conflitto d’interesse, in un modo o nell’altro, a ben guardare. Parlo di conflitti umani, ancor prima che politici. Almeno, questo è il mio punto di vista, da osservatore.
Chiarisco subito: non faccio parte del Comites, non è mai stata una mia aspirazione candidarmi a far parte di questo organo istituzionale di base. Tuttavia, conosco e ho vissuto la Repubblica Dominicana negli ultimi 25 anni della mia vita. Amo questo Paese. Ho visto nascere e lavorare più Comites e ogni volta ne ho apprezzato o criticato le azioni. Sento il bisogno, anche oggi, di dire la mia. E mi perdonino coloro a cui ciò potrebbe dare fastidio.
Veniamo al sodo. Ci sono state le elezioni: c’è chi ha vinto e chi ha perso. Chi ha vinto ha l’onore e la responsabilità di guidare il Comitato degli Italiani all’Estero verso la direzione che crede più opportuna; chi ha perso ha il dovere di portare avanti un’opposizione, si spera costruttiva, e di far sentire anche la voce della minoranza, che certo non può essere esclusa o dimenticata solo perché tale.
Tutti hanno pari dignità.
Dunque una maggioranza al timone della nave e una minoranza che partecipa e porta i propri contributi, anche critici. Ma sempre con lealtà e nell’interesse dei connazionali. Non per propri scopi personali o politici. Ci siamo?
Perché una seria opposizione è una cosa; altra cosa è voler fare ostruzionismo, con l’unica intenzione di creare il caos. In quel caso, i vari membri Comites starebbero giocando una guerra tra fazioni, per giunta fratricida. E quel che è peggio lo starebbero facendo sulle spalle degli italiani della RD. Sarebbe davvero una cosa deplorevole.
Personalmente, mi aspetto molto da questo Comites. Ha tutte le carte in regola per fare bene. Ci sono le nuove leve, i consiglieri più giovani, non solo anagraficamente, che non hanno mai fatto parte di un Comitato o che magari non masticano politica tutti i giorni, ma che hanno energia, entusiasmo, passione e voglia di fare. E poi ci sono le vecchie volpi, o i saggi, come volete voi, che hanno già una consumata esperienza e che potrebbero, con il proprio fondamentale contributo e i propri suggerimenti, arricchire il Comites di spunti e iniziative. Accompagnando e sostenendo i più giovani e – forse – inesperti. In armonia.
Mio padre, Ermanno Filosa, già presidente del Comites di Santo Domingo, teneva vicino a sé i propri amici e ancor di più i propri nemici. Perché la politica, signori, è l’arte del possibile. Dialogo. Confronto. Collaborazione. E’ così difficile? Agli amici del Comites direi: provateci. Veramente. Forse il buongiorno non è stato dei migliori. Ma siete ancora in tempo per rimediare.
@rickyfilosa