“I viaggi di servizio per il personale a contratto a legge italiana e a legge locale del MAECI, attualmente disciplinati dall’art. 159 del D.P.R. 18/67, come novellato dal D.L. 103/2000, prevedono il diritto al rimborso delle spese di viaggio nonchè ad una indennità giornaliera pari ad un trentesimo della retribuzione in godimento”. E’ quanto si legge in una nota della Confsal Unsa Esteri.
“Con sorpresa, il nostro Sindacato ha appreso ieri che in fase di conversione in legge del Decreto Brexit è stato depositato un emendamento del Governo volto a modificare le previsioni del DPR suddetto, eliminando il diritto all’indennità giornaliera in caso di viaggi di servizio per mantenere esclusivamente il rimborso delle spese di viaggio.
La CONFSAL UNSA Esteri denuncia questa grave e inopportuna iniziativa governativa, della quale non si comprende né l’utilità né la coerenza con le tematiche trattate dal Decreto stesso, il cui unico effetto sarà l’abbattimento dei diritti del personale coinvolto, senza peraltro contribuire in alcun modo a rimuovere o arginare le gravi problematiche in essere sulla nostra Rete consolare, in particolar modo, a seguito di Brexit, presso la nostra comunità nel Regno Unito.
Le nostre sedi all’estero ricorrono ai viaggi di servizio soprattutto laddove, a causa di una politica scellerata e – a nostro avviso – non ragionevole dei precedenti governi, che ha disposto la chiusura di molteplici sedi consolari per riformarsi ai principi della Spending Review, le circoscrizioni consolari sono divenute talmente estese, da rendere necessario un aumento significativo dell’utilizzo dei viaggi di servizio per poter raggiungere con attività di sportello consolare anche le comunità italiane più remote. Peraltro, i viaggi di servizio rappresentano, per il personale coinvolto, prestazioni di servizio non prive di rischi, soprattutto quando le distanze da percorrere (spesso in auto) sono significative, i percorsi impervi, le condizioni climatiche proibitive oppure la situazione di ordine pubblico è critica.
E’ pertanto sconcertante dover prendere atto che, di fronte al marasma Brexit ed ai gravi problemi in essere sulla nostra Rete consolare nel Regno Unito, fonte di proteste pressoché quotidiane da parte di quei 600.000 connazionali che vorrebbero poter accedere senza impedimenti di sorta ai servizi istituzionali, il Governo si adoperi unicamente nell’intento di conseguire un risparmio – peraltro irrisorio – a danno della categoria del personale a contratto, rimanendo al contempo cieco e sordo dinanzi alle ben note problematiche di questi lavoratori – introdotte con il D.L. 103/2000 – che spaziano dalla farraginosità del sistema di adeguamenti retributivi e contrattuali, alla grave disparità di trattamento in ambito di disposizioni sulla malattia, sulle aspettative e sui permessi, alla assoluta mancanza di prospettive formative e di sviluppi in carriera e all’abolizione del diritto al TFR.
La CONFSAL UNSA Esteri chiede pertanto l’immediata rimozione dell’emendamento introdotto nell’articolo 16 del Decreto Brexit e rinnova al Governo e alle parti politiche un accorato appello circa l’inderogabile necessità di confronto – sempre in maniera ragionata e costruttiva – sulle modifiche da apportare al D.L. 103/2000 a tutela non solo degli oltre 2.900 lavoratori a contratto all’estero, ma anche dell’Amministrazione stessa, la quale risulta essere sempre più esposta a contenziosi a livello locale, con costi crescenti in termini di spese legali e di risorse umane impiegate nella gestione e risoluzione dei conflitti. Il Governo dovrebbe far tesoro delle esperienze negative fatte nel 2015, allorquando, operando col machete in ambito di indennità di servizio all’estero, viaggi di servizio nonché assoggettamento a tassazione del contributo per il trasporto di masserizie delle aree funzionali, ha creato le condizioni per la progressiva desertificazione dei posti funzione all’estero, con gravissimo nocumento alle nostre rappresentanze diplomatico-consolari e IIC, che devono ora gestire carichi di lavoro disumani”.