Il concetto di Unione Europa sta progressivamente declinando, sommersa dai guai dell’euro, dalla burocrazia comunitaria e dalle memoria corta degli europei. Era una delle poche cose positive costruite dalla mia generazione e finchè avrò voce non potrò che continuare ad essere europeista convinto, perché ho vissuto i decenni dell’odio e dei muri, delle contrapposizioni e – se non delle guerre – sicuramente del dopoguerra.
La prima volta che mi ha fermato la polizia dimostravo contro la brutale repressione comunista in Cecoslovacchia, ma alla fine anche l’Europa dell’Est ha abbattuto i suoi muri. Ora distruggiamo un’idea per questioni economiche, si getta via una concezione alta di stare insieme nonostante gusti, idee, problemi, lingue, religioni diverse e la si mortifica perché prima di tutto contano il maledetto denaro e le speculazioni di chi ci sta dietro.
E’ evidente che l’euro ha portato vantaggi, ma ha anche creato problemi, soprattutto perché si è voluto espanderlo troppo velocemente con paesi che ne hanno anche approfittato raccontando frottole sui loro conti pubblici, ed ora non sono in grado di mantenere le promesse. Una crisi che nasce anche dal fatto che non si era previsto un lungo periodo di crisi economica, con un sistema euro quindi da riformare, non con un’Europa da distruggere.
Ma tutto, in Europa, sembra crescere per dividere e non per unire anche perché – è questa la cosa più grave – sembra che la gente abbia rinunciato all’anima europea che non sono solo gli “euri” ma l’identità del nostro continente, la fierezza, la volontà di andare oltre i confini e di ricordare, difendere, onorare la propria storia e i principi fondanti di una Unione che vacilla. (…)
Credo che gli europei debbano ragionare sui principi fondatori, non con la melassa dei buonismi, ma con il ragionamento e il confronto, iniziando – per esempio – ad eleggere direttamente il Presidente della UE e il suo governo che a quel punto dovrà per forza tener conto delle volontà dei cittadini.
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