Un cratere, detriti fumanti e le urla di chi e’ ferito, prigioniero fra le macerie. In questo posto, nel rione Sajaya di Gaza, poco prima sorgeva un edificio di due piani. Ma adesso che l’aereo F-16 israeliano ha sganciato la sua bomba da una tonnellata questo tratto di strada non e’ piu’ lo stesso, ha un aspetto lunare.
Col trascorrere delle ore, in una giornata segnata dal terrore della popolazione, altre palazzine sono state rase al suolo dall’aviazione israeliana (a volte con un preavviso, a volte no), e il numero delle vittime e’ andato crescendo. Particolarmente elevata, in proporzione, la percentuale di donne, anziani, bambini. Una delle case colpite e’ quella di Hafez Hamed, un leader del braccio armato della Jihad islamica. Con lui hanno trovato la morte altre quattro donne, ed alcuni bambini, secondo i vicini. L’orrore non conosce interruzioni. Ad al-Maghazi una casa e’ distrutta. Tre membri della stessa famiglia muoiono e dei loro due figli non c’e’ piu’ traccia. Si presume che siano rimasti sotto le macerie. Poco dopo ad al-Mughraga una donna di 80 anni e’ colpita a morte. Le strade sono deserte, i negozi (ad eccezione delle panetterie) sono chiusi.
La paura attanaglia il cuore, pochi si avventurano per strada. I giornalisti, che lo fanno per dovere, non abbandonano mai i loro corpetti. Uno dei luoghi piu’ affollati e’ l’ospedale Shifa, dove sono trasportati i feriti. I loro congiunti si disperano di fronte alle telecamere. Nel pomeriggio un bilancio provvisorio parla di 40 morti nei primi due giorni di combattimento e di 320 feriti. Le case distrutte sono 55; altre 120 sono danneggiate. I medici di Shifa affermano di non poter assistere a dovere i feriti. I piu’ gravi andrebbero trasferiti in Egitto. Ma il valico di Rafah con il Sinai resta chiuso.
Hamas ha fatto appello al governo del Cairo, ma e’ stato inutile. Allora si e’ rivolto ai sentimenti piu’ profondi del popolo egiziano. Gli ha dedicato gli attacchi condotti ieri contro Israele ”nel decimo giorno del mese islamico del Ramadan”: il giorno esatto in cui, nel 1973, l’esercito egiziano sorprese Israele con una offensiva sul canale di Suez. Anche questo, lascia intendere, sara’ un Ramadan di fuoco. A Shifa un portavoce di Hamas, Mushir al-Masri, dice che ancora ”non c’e’ alcun contatto serio per un tregua. La nostra resistenza sorprendera’ il nemico”.
In serata, da Gaza Hamas cerca di colpire la centrale nucleare di Dimona: ma i suoi razzi sono intercettati in volo. Il leader politico di Hamas, Khaled Meshaal, da al-Jazira invoca intanto un intervento internazionale che metta fine al blocco di Gaza. La frustrazione palestinese si condensa in una tragica caricatura: da un televisore emerge un palestinese di Gaza, che tiene in braccio un bambino coperto di sangue. Ma il mondo gli volta le spalle e guarda un altro televisore: trasmette una partita dei Mondiali di calcio.
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