Dopo i risultati delle Elezioni Regionali in Sicilia ed il tonfo del PDL, abbiamo sentito di tutto e di più, ma ciò che più mi dispiace da siciliano e da moderato è la totale mancanza di autocritica da parte dei dirigenti del PDL. Un “bagno” di umiltà ed un’autocritica seria certamente servirebbero al tanto auspicato ritorno all’unità del mondo moderato. Da ultimo abbiamo letto il commento del mio caro amico Massimo Romagnoli, che riprende totalmente il discorso giustificativo di Alfano.
Carissimo Massimo, le cose purtroppo (per te) non stanno come Tu le descrivi: se si vuole veramente dare una visione vera di quanto successo in Sicilia, non si può affermare che il PDL, se unito, avrebbe avuto il 40% dei voti. Il totale riportato da Te somma meccanicamente il 25% di Musumeci più il 15% di Miccichè. Le cose, però, non stanno così. Questi sono i voti dei candidati Presidenti sostenuti da schieramenti variegati e non da elettori del solo PDL.
Per essere precisi e chiari:
1) il PDL ha avuto poco più del 12%. Al 25% di Musumeci si arriva col contributo del 6% del PID (Cantiere Popolare), che nulla ha da spartire col PDL (se non un’alleanza elettorale) e con il 6% personale di Musumeci, che raccoglie grandi simpatie personali che vanno oltre il PDL;
2) Miccichè raccoglie il 15% dei voti, i due terzi dei quali sono del partito di Lombardo, con il quale il PDL (giustamente) non ha voluto associarsi; in ogni caso trattasi di formazione regionale non riferibile al PDL, senza parlare del FLI;
3) se sommiamo i voti riferibili al PDL, si arriva al 17-18% (12 + 5 di Miccichè) e, ad essere buoni, al 23% aggiungendo i voti personali della lista Musumeci, ben lontani dal 31% di Crocetta. Pensare poi che ex UDC o Lombardiani possano assimilarsi al partito di Berlusconi è deviante e mistificatorio;
4) l’UDC non ha fatto mai mistero di non volersi associare ad un centro destra di cui faccia parte Berlusconi, ritenendolo responsabile principale della diaspora del mondo moderato;
5) se il PDL perde è anche e soprattutto per sua colpa, avendo concepito liste che, più che a liste del maggior (ex) partito italiano, assomigliavano a liste di “partitello” che deve sopravvivere. Un esempio: ad Agrigento, terra mia ma sopratutto di Alfano, nella lista del PDL, su sette candidati, tre esprimevano i voti di Alfano stesso, tre erano totalmente inconsistenti (due di questi non hanno raccolto nessuna preferenza!!) e il settimo ha quasi sovvertito il pronostico di una lista chiusa e fatta solo per favorire uno dei candidati del Segretario. Nella lista Musumeci altrettanto: tutto è stato fatto in funzione dell’on. Scalia, che capeggiava una lista di illustri sconosciuti solo per salvare se stesso, cosa non riuscita per mancanza di voti.
Se riportate a livello regionale, queste sono responsabilità serie. Dunque, autocritica! Non si può dirigere il primo partito d’Italia e comportarsi come segretario del Partito Repubblicano, memoria di prima repubblica (con tutto il rispetto per il Partito di La Malfa).
Infine a Romagnoli, che ritengo sia in buona fede, chiedo di rivolgersi ai dirigenti del PDL per una riflessione seria sui risultati. L’inutile arrampicarsi sugli specchi per dimostrare i torti degli altri non porta bene né al PDL né al mondo moderato.
Se si vuole realmente pensare ad un futuro di aggregazione, bisogna uscire dal populismo dell’ultimo Berlusconi e pensare ad un Centro che porti il seme della collaborazione con tutte le forze che hanno a cuore il futuro del Paese e non essere asserviti a chi vede nella politica solo un mezzo per risolvere i propri problemi. Berlusconi tra luci (poche) e ombre (molte) ci ha illuso per tanti anni. E’ ora di fare un salto di qualità per affrancarsi da una politica che non riscuote il consenso popolare. Quello che Alfano non dice è che il 53% dei siciliani non ha votato e il 18% ha dato un segno di forte protesta votando Grillo. Questa è la somma reale di rifiuto dei partiti (71%), sulla quale seriamente bisogna riflettere.
Se riportiamo le riflessioni sui dati siciliani nelle circoscrizioni all’Estero, sempre più mi convinco della necessità di un movimento indipendente dai Partiti, che possa servirsi di questi solo per portare finalmente avanti le istanze dei connazionali residenti all’Estero, tradite dai loro rappresentanti eletti nei partiti. Solo un successo del MAIE potrà dare il giusto peso alle nostre istanze in un Parlamento che si prospetta rivoluzionato. Non abbiamo la pretesa, come qualcuno, di determinare la politica italiana, ma di servicene per soddisfare le giuste attenzioni che rivendica il Popolo Italiano che vive all’Estero. Insomma, un Movimento al servizio degli Italiani all’Estero e non al servizio dei partiti italiani.
*Coordinatore MAIE USA
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