La Direzione Generale per gli Italiani all’Estero della Farnesina ha annunciato che le elezioni per il rinnovo dei ComItEs si svolgeranno il giorno 3 dicembre 2021. L’indizione delle elezioni verrà formalizzata tre mesi prima, il 3 settembre, con un decreto di ciascun Ufficio Consolare.
In occasione delle passate consultazioni, nel 2015, ho voluto offrire il mio contributo editoriale con un articolo pubblicato su “Italia Chiama Italia” intitolato “Italiani all’estero, la storia dei ComItEs e il loro ruolo nel mondo”, percorrendo brevemente l’iter storico-legislativo dei ComItEs e alcune delle difficoltà sostanziali dell’organo di rappresentanza.
Considerate le esperienze vissute come membro del ComItEs di Sydney e al termine di un mandato che, se le elezioni saranno realmente indette, sarà durato 6 anni e 8 mesi, desidero dedicare alcuni pensieri e suggerimenti per i nuovi volti che vedo essere interessati a farsi avanti per rappresentare la collettività.
Preferisco evitare gli appelli sul bisogno di avere dei giovani come membri del ComItEs considerato che, forse anche grazie all’età, qualche mio collega ha voluto usare per molto tempo il termine “ragazzo” in maniera dispregiativa, quasi a dire che avrei dovuto fare gavetta. Per parafrasare il grande Orwell, “tutti i giovani sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri” – dipende molto da chi c’è dietro a questi i giovani.
Il MAECI è convinto del fatto che i ComItEs dovrebbero interessare “anche le più giovani generazioni: sia esponenti della nuova mobilità, che figli, nipoti e pronipoti della nostra emigrazione storica”.
Negli ultimi 5 anni, almeno a Sydney, nessun progetto proposto per coinvolgere i giovani oriundi è stato approvato. Purtroppo, i “figli, nipoti e pronipoti” hanno come primo problema quello della scarsa conoscenza della lingua italiana e quindi ogni tentativo di progetto avrebbe fatto concorrenza agli enti gestori. Si è preferito, quindi, inviare presunti dottorandi tra i backpackers nelle fattorie per qualche conoscenza a fini elettorali e con relative menzioni d’onore via Zoom e nei salotti di Palazzo Madama.
Mi permetto un commento per venire incontro a quanti lamentano come negli ultimi mesi il ComItEs di Sydney non si sia impegnato attivamente in nuove iniziative per la collettività.
Dal momento della scadenza naturale del mandato, avvenuta il 14 aprile 2020, nel pieno della pandemia, la legge specifica che pur rimanendo in carica, il ComItEs agisce “limitandosi al compimento degli atti urgenti e improrogabili”. Per tanto a Sydney, considerate anche le problematiche locali, si è preferito dare il giusto peso alla legge affinché, una volta rinnovato, il ComItEs sia in grado di mettere in campo nuovi progetti e iniziative per venire incontro alle esigenze della collettività.
Il ComItEs è un organo di rappresentanza pensato per altri tempi, non certo inutile, e con capacità di strumenti, quando questi vengono usati sinergicamente. L’azione del comitato viene resa futile da due variabili essenziali.
La prima variabile è dettata, innanzitutto, dalle ambizioni personali dei membri stessi. In contesti dove si è presentata una sola lista, una certa divisione di incarichi era già stata decisa al momento della composizione della lista stessa. Le priorità politiche e i rapporti con gli enti e le associazioni che il singolo membro rappresenta o verso i quali è legato da un bonario rapporto di collaborazione sono tollerate e assecondate.
A Sydney, dove si è consumata un’aspra battaglia politica tra due liste, entrambe con pari numero di seggi, ha prevalso invece lo spirito combattivo della politica, non certo nobile. In questo stile di ComItEs, tra le fazioni è prevalsa una profonda diffidenza e la sapiente mediazione dell’autorità consolare è risultata essenziale per il funzionamento dell’ente.
Si è litigato, quasi esclusivamente per la trasparenza, la morale, per rapporti personali con enti gestori, giornali e associazioni, il conflitto di interesse, le problematiche legate a candidabilità, eleggibilità, e per altre questioni che sono scaturite da un clima di profondo sospetto e antipatia tra i consiglieri, e a volte, tra l’autorità diplomatica e i singoli consiglieri.
La seconda variabile è la burocrazia che, agendo in persona di pubblici ufficiali che si susseguono di volta in volta con un breve mandato, fatica a captare le radicate e reali dinamiche della collettività italiana. Si preferisce un ComItEs di gente calma e accondiscendente, che sappia instaurare e preservare simpatie, servilismo e ‘Yes, Sir!’ verso le autorità, che non osi troppo, che mantenga un atteggiamento notarile piuttosto che inquirente. Gli adempimenti burocratici non mancheranno, perciò state pronti e sereni, cari aspiranti.
Ai futuri candidati consiglio un corso preparatorio per commercialisti per redigere e rettificare i bilanci e un grande desiderio di contribuire alle spese del ComItEs con fondi propri, in quanto i contributi ministeriali non saranno sufficienti. Consiglio anche di motivare fino in fondo l’impiego di un elemento quale segretaria, visto che l’applicazione della nuova Circolare Ministeriale, che ascrive al Capo dell’Ufficio Consolare la facoltà di approvazione di un addetto di segreteria, ha reso improbabile questa collaborazione a Sydney, con notevoli ritardi nel disbrigo delle mansioni di amministrazione.
Consiglio, infine, di possedere case grandi con sale riunioni spaziose, così che in assenza di una sede, come sembrerebbe aver suggerito un Console Generale, ogni consigliere possa ospitare in casa propria, a turno la seduta, con ampia accessibilità anche per il pubblico come richiesto dalla legge… in alternativa c’è sempre Zoom.