Si chiama “Vacunate RD” (vaccinati in Repubblica Dominicana) il piano nazionale di vaccinazione anticovid varato il 15 febbraio dal governo dominicano. E ha già messo in sicurezza circa trentamila persone su un totale di dieci milioni e mezzo, al ritmo di oltre tremila al giorno.
Il programma prevede tre fasi: lavoratori a contatto col pubblico (polizia, negozi, sanitari), gli over settanta, giovani e soggetti a rischio.
Il presidente Luis Abinader ha comprato 21 milioni di dosi senza tante storie e ha detto chiaro che vuole vaccinare tutti o quasi entro la fine dell’anno. Servizio e prodotto, tutto gratuito.
Un piano di assistenza sanitaria volto al sociale, portato avanti a un ritmo incredibile per un Paese dove l’idea di Caribe Caliente (e soprattutto dormiente) è il pensiero dominante che la fa ovunque da padrone.
Funziona così: in qualunque struttura sanitaria pubblica e privata, dalle cliniche superlusso ai piccoli centri campestri, arriva ogni giorno una delegazione sanitaria governativa imbracciando ago e fialetta. Lista d’attesa alla mano. Basta prenotarsi.
La delegazione ha raggiunto perfino il consorzio di ingegneri agronomi che lavorano nella foresta, dove non c’è neanche la corrente elettrica. Tre ore, tutti vaccinati.
Non basta. I turisti hanno una copertura sanitaria governativa completa e gratuita per qualunque emergenza, Covid compreso. E siccome l’informazione è uno dei fattori più importanti in qualunque circostanza, ogni giorno esce in rete il bollettino Covid del ministero della salute, semplice e chiaro: nuovi contagi, aree più a rischio, tamponi, morti, tasso di letalità.
Stavo pensando: non è che magari i nostri gagliardi politici con i master in economia e finanza, invece di passare il tempo in inutili risse, potrebbero per una volta avere l’umiltà di fare un po’ di sano doposcuola da quelle che qualcuno di loro chiama “repubbliche delle banane”? In fondo si tratterebbe solo di rottamare il vecchio detto “verba volant” e accettare il fatto che “vacuñas manent”.