La memoria di quei processi che hanno cambiato i destini dei protagonisti della politica della Prima Repubblica e ne hanno condizionato letteralmente la vita e la morte, ritorna prepotentemente alla ribalta quando si ascolta la telefonata di quest’ultimo incauto rappresentante della casta giudiziaria. Ovviamente stiamo parlando del presidente della Sezione feriale della Cassazione, Antonio Esposito. Lui e l’altro – Antonio Di Pietro, pm poi passato in politica – forse resteranno nei libri di Storia per avere sovvertito in un’epoca confusa e in una società divisa le sorti dello Stato, meritatamente o inopinatamente a seconda di chi scriverà e rivisiterà i fatti. Ma per la storia dei contemporanei, le frasi smozzicate, sgrammaticate e spericolate del Presidente della sezione feriale della Cassazione che ha privato della libertà l’uomo più potente d’Italia (con sicura soddisfazione personale, dopo sette ore di camera di consiglio a mostrare al popolo bue la necessità di tempi adeguati alla riflessione!), provocano una reazione immediata, diincredula e malinconica consapevolezza dell’esistenza di un potere assoluto e pericoloso che può arrivare a minare la vita di qualunque cittadino.
Impossibile la pacificazione auspicata dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e dalla parte responsabile del Paese, finchè non si sarà posto un freno allo strapotere di una magistratura autoreferenziale spesso ottenebrata dall’odio, dall’invidia, dal pregiudizio, dalla pretestuosa interpretazione di indizi e dall’accoglimento di testimonianze forzose tese ad ottenere risarcimenti dal povero ricco messo in croce.
Ci salverà il referendum proposto dai radicali, che finalmente prendono di petto il problema della responsabilità civile dei giudici e possono essere considerati al di sopra dell’eterno sospetto di una riforma ad personam? E sarà incisivo? O sarà disatteso come è già avvenuto per altre consultazioni popolari? E faremo in tempo a salvarci dai danni arrecati al Paese? Ci auguriamo che lo scoop straordinario del giornalista de "Il Mattino" metta fine finalmente alla sequela di sentenze già scritte prima ancora del processo.
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