Modena centro del mondo. Modena universo della cucina. Modena e l’Italia sul gradino più alto del podio. Lassù le ha spinte, portate, sistemate Massimo Bottura, principe degli chef. Anzi re. Il numero uno al mondo, il migliore, nella top 10 dei ristoratori. L’Oscar, insignito e premiato, dall’America a New York.
Barba, occhiali e il doppio confesso inesausto amore per il Parmigiano Reggiano e l’arte contemporanea. La World’s 50 Best Restaurant viene stilata dalla rivista inglese Restaurant e scatena puntualmente, ogni anno, infinite discussioni e accese polemiche. Non roba da piatti o da torte in faccia e neppure qualcosa di simile. Bottura è il tredicesimo re nella storia dell’Oscar, molti dei quali dedicati alla supremazia del mitico spagnolo Ferran Andrià, degli strepitosi hermanos Roca, insidiati a tratti dal danese Renè Redzepi. Massimo Bottura re degli chef con la sua Osteria Francescana: ma quale significato possiamo attribuire noi italiani, chef e comuni mortali, all’Oscar che gli è stato assegnato?
Intanto, bisogna mettere l’accento sull’escalation dello chef modenese al vertice da anni, certificata dalla Guida dell’Espresso 2016 che gli riconosceva un punteggio mai dato in precedenza di 20/20. Necessita inoltre comunque considerare che la classifica dell’inglese Restaurant, puntuale fonte di polemiche, consente ai giurati di votare per qualsiasi ristorante senza dimostrare di averlo frequentato. Siamo al cospetto di una sorta di Tripadvisor di lusso. Però conta, e molto, come effetto mediatico e per il successo dei ristoranti.
Ma la cosa che più deve renderci partecipi e contenti è la ritrovata, recuperata influenza della cucina italiana in un mondo invaso e praticamente dominato da etichette fasulle, tarocche, e da prodotti italian sounding. Bottura in cima al mondo è un riconoscimento prestigioso che va al di là della persona e del cuoco. Un fenomenale oggetto di promozione per l’intero sistema Italia. Chiaramente un’eccellenza, che riporta nella classifica mondiale equilibrio e verità, spostati negli anni 2000 dagli chef spagnoli, al di là dell’effettivo valore culinario del Paese punto di riferimento e all’avanguardia. Al punto di scoprire che Francia e Italia, Paesi di più ricca tradizione, non abbiano mai primeggiato.
L’Osteria Francescana è oggi il simbolo dell’Italia che accoglie e si trasforma e che all’estero continuano ad ammirare. L’Oscar può ora consentire a Massimo Bottura di aggregare intorno alla nostra cucina consensi e visibilità mai raggiunti in precedenza. Lo chef modenese possiede i requisiti, dal carisma alle capacità, per funzionare da meraviglioso aggregante.
Nella classifica mondiale 2016, nei primi 50 posti, figurano sette spagnoli, sette statunitensi e appena quattro italiani, tre francesi, tre danesi e tre inglesi. La graduatoria dei primi dieci ristoranti al mondo dice questo, alle spalle dell’Osteria Francescana di Bottura legittimato a guardare ora tutti dall’alto in basso: El Celler de Can Roca di Joan Roca a Girona, in Catalogna; Eleven Madison Park di Daniel Hummi a New York; Virgilio Martinez con il suo Central a Lima, Perù. Al quinto posto, l’immancabile Renè Redzepi con Noma a Copenaghen; a seguire, Mauro Colagreco, francese, con Mirazur a Mentone, città di confine; il basco Andoni Luis Aduriz chef di Mugaritz a San Sebastian, il giapponese Yashihito Narisawa con Narisawa a Tokyo, Steirereck di Heinz Reitbauer a Vienna e un altro basco, Victor Arguinzoniz, ad Axpe con il suo Asador.
Ma chi è Bottura, incoronato re degli chef 2016? Un figlio della buona borghesia, fulminato da ragazzo dalle torte preparate dalla tata e dagli strepitosi tortellini della mamma. Famiglia di commercianti del settore petrolifero, buone frequentazioni, la laurea in giurisprudenza a un passo e il lavoro paterno da ereditare insieme con i fratelli. E cresciuto con il sapore del tortellino appena chiuso da mammà. I primi tentativi sotto gli occhi amorevoli e comprensivi della madre e delle donne di casa. Anche se fare la pasta a mano non è mai un gioco da bambini. Volete mettere poi il ragù rigorosamente di tre carni?
Lo strappo matura ai tempi dell’Università. Inevitabile: lo studente Massimo Bottura studia ricette di cucina e si esercita con Lidia Cristoni, maestra di tutte le sfoglie del mondo, invece di concentrarsi sulla tesi. E prepararla con coscienza e competenza. Ritiene sia meglio dedicarsi all’arte di tirare la sfoglia. Ciao università, il primo salto sull’altra sponda l’esperienza in trattoria a Campazzo, Nonantola, Modena. E da lì, stage con i mostri sacri dell’arte culinaria. Georges Cogny e l’immenso Alain Ducasse. Migliaia di ricette mandate a memoria, un formidabile archivio.
Mamma Luisa approva, papà disapprova. Massimo non demorde, non devia, non deflette. Corre con la sua idea, alimentando il sogno giorno dopo giorno. Il viaggio a Parigi, dove incontra Laura Gilmore, la donna della vita, il grande inesauribile amore. Due figli e tre stelle Michelin. Senza concedersi tregue, tentennamenti, prigioniero magnifico delle idee in cucina. Apre il primo ristorante nel 1986. “Il giorno dell’inaugurazione non è venuto nessuno”. Il flop non lo scoraggia, anzi ne moltiplica le energie, sostenuto dalla compagna Laura Gilmore, che insieme con lui organizza l’Osteria Francescana come una galleria d’arte. La brigata di cucina coinvolta in sfide nuove e cene d’autore. Bottura gira il mondo “perché la Francescana non può stare in piedi da sola”. Per Expo 2015 ha ideato Il Refettorio Ambrosiano. Location di grande attrattiva e successo enorme. Quando la Francescana chiude, a notte fatta, si isola nella sala da musica di casa sua. Impianto stereo a palla, le pareti insonorizzate, e un 33 giri di Miles Davis. È così che il re degli chef concepisce e sogna i piatti del giorno dopo. Dove ci sarà sempre posto anche per l’assistenza sociale.
L’associazione i Tortellanti permette ai bambini autistici di appassionarsi alla pasta fresca. Lui, emiliano di Modena, patito del Parmigiano Reggiano, primo chef italiano ad aver vinto l’Oscar “50 Best Restaurant”. Buon pranzo Italia, da Bottura, alla Francescana, regno del re del mondo in cucina.
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