Non si sono ancora spenti gli echi della vicenda legata al gen. Roberto Vannacci per il suo libro “Il mondo al contrario”, avvicendato (destituito) dal proprio incarico dal ministro della Difesa Crosetto.
Prima di tutto stiamo ai documenti. L’art. 1472 del Codice Militare recita: “I militari possono liberamente pubblicare loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare pubblicamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio per i quali deve essere ottenuta l’autorizzazione”.
Al di là di ogni ragione politica o di opportunità, quindi, il gen. Vannacci aveva ed ha il diritto di esprimere le proprie opinioni. Per questo io credo che il ministro Crosetto abbia sbagliato ad allontanarlo dal proprio incarico, al limite avrebbe potuto sospenderlo in attesa che gli organi disciplinari militari valutassero quanto scritto da Vannacci.
Nel merito bisogna aver innanzitutto letto il libro e le frasi contestate, non limitandosi a “commentare i commenti”. Io l’ho letto e – come l’87,5% di chi lo ha fatto (fonte: “termometro politico”) – vi ho trovato cose logiche, magari un po’ scontate e banali, comunque di buon senso, non offensive e tantomeno triviali. Tra l’altro, è strano (stessa fonte demoscopica) che ben il 69,8% dei contrari a Vannacci ammetta però di non aver letto il libro, né di volerlo fare: piacerebbe sapere sulla base di che cosa esprimono dei giudizi, se non per preconcetto.
Forse dovremmo tutti ammettere che – dando proprio ragione a Vannacci – siano davvero i “media” ad influenzare i giudizi di chi raramente va “alla fonte” facendosi una opinione documentata.
Nel libro si sostiene – per me giustamente – di come spesso una minoranza sia riuscita o voglia condizionare l’opinione pubblica, l’informazione, la pedagogia, i gusti e la legislazione obbligando la “normalità” (ovvero la grande maggioranza) a subire condizionamenti assurdi. Questo non vuol dire non riconoscere o condannare quella minoranza (non solo riferita ai gay, ma anche in molti altri campi), ma sollevare appunto il problema di questo conseguente “condizionamento obbligato” a tutti.
Essere fuori della norma non è per se stesso un insulto. Io sono e sono stato sicuramente “fuori dalla normalità” politica: quando ero giovane il 95% degli italiani non la pensava come me (stando almeno ai risultati elettorali) visto che il mio partito era considerato estremista e il MSI-DN raccoglieva più o meno il 5% dei voti, ma non per questo mi consideravo offeso se mi davano del “diverso”; eppure, essere allora di destra, era ben più discriminante che non oggi essere gay (o di altre incerte declinazioni…).
Quindi il caso Vannucci è nato in definitiva sul nulla, ma ha aperto un dibattito molto utile sul concetto che in Italia, se non si esprime un’idea o una tesi “politicamente corretta”, allora susciti scandalo.
Qualcuno dice “può pensarla come privato cittadino, non come militare”. No, scusate, in merito l’art. 1472 è chiarissimo e Vannacci ha ovunque dichiarato e scritto – anche nel libro – che lui parlava appunto come semplice cittadino e le sue affermazioni d’altronde non c’entrano nulla con il suo essere un militare.
Il grave è piuttosto che se Vannacci avesse scritto “Viva i gay nell’esercito” o qualcosa di simile sarebbe stato probabilmente lodato, coccolato ed il suo libro avrebbe avuto ottime recensioni (anche se pochi lettori), ma solo accennando alla loro “diversità” ecco che allora scoppia lo scandalo.
Così se qualcuno (come spesso mi accade personalmente) scrive in modo “diverso” sul clima, l’inquinamento, la Co2, l’energia nucleare, la politica economica europea, l’immigrazione, le responsabilità USA, il conflitto in Ucraina, Trump o Biden, i rapporti tra i sessi ecc. è subito ostracizzato.
Non credo che questo sia giusto, quando si affermano opinioni senza offendere, senza modi sguaiati, senza parolacce o bestemmie. In conclusione, quindi, perché destituire Vannacci?
Vorrei che i suoi detrattori indicassero con precisione un passo, una pagina, una frase, una espressione offensiva del testo anziché stare sulle generali: se c’è discutiamone, se invece non c’è, allora contro Vannacci è in corso una epurazione ingiustificata.
Più grave ancora che oggi al Governo ci sia il centro-destra, una maggioranza che ha preso i voti proprio perché (credo, spero, penso!) affermi una sorta di ritorno alla “normalità” in una società dove alcune minoranze – e su questo Vannacci ha totalmente ragione – si sono imposte come portatrici del Verbo e nessuno le può quindi più criticare, denunciare o sottolineare gli indebiti spazi che si sono presi a danno di chi non la pensa come loro.
Ma c’è un altro aspetto che non fa amare Roberto Vannacci al Ministero della Difesa: la sua lunga battaglia, gli esposti giudiziari e le reiterate denunce da lui presentate sulla vicenda dell’uranio impoverito. In poche parole, migliaia di nostri soldati (quanti italiani lo sanno?) sono stati esposti per anni in Iraq, in Bosnia e in Kossovo alla contaminazione causata da proiettili radioattivi americani (ma usati anche dalle nostre truppe), soprattutto per pezzi anticarro che hanno loro procurato lesioni gravi e in molti casi l’insorgenza di tumori devastanti con centinaia di successive morti sospette.
Parliamo di almeno 369 militari italiani deceduti e più di 4.000 contaminati per questa causa, purtroppo nel disinteresse generale. Una vicenda molto grave e volutamente tenuta “sotto traccia” nonostante le tante condanne a pagare indennizzi per morti ed invalidità.
Vannacci da anni porta avanti denunce ed esposti su questa storiaccia: forse o soprattutto anche per questo era ed è diventato estremamente “scomodo” per vertici delle FFAA.
Quanti vi hanno informato di questi aspetti della vicenda, spiegando cosa sia effettivamente avvenuto ai nostri soldati usando incautamente questo tipo di armi? Riflettete sul perché di questi silenzi – che pur sono stati oggetto di indagini anche parlamentari – e scoprirete che tra i Ministri della difesa coinvolti in primis c’è anche l’attuale Presidente della Repubblica.