Il caffè lo preferisce macchiato? Davvero lo gradisce con quattro gocce di latte? Bene, nessun problema. Anzi no, il problema c’è: adesso la macchia si paga. Costa dieci centesimi. Gratis addio, si paga tutto. Comanda la crisi e non è il caso di dire facciamone una ragione, visto e provato che l’abbiamo già fatto. Il caffè macchiato non costa più come la tazzina di caffè. Bisogna aggiornarsi, già fatto in alcune città d’Italia. E sparirà pure il cioccolatino di cortesia, l’abitante gentile del piattino della tazzina. Spariscono le vecchie, belle abitudini, piccoli ma significativi simboli della gentilezza italiana e di quella voglia/necessità di dare al cliente di tutto e di più, senza sovrapprezzi.
Gli ammiccamenti non fanno più cassa. Come pure la simpatia e la cortesia. Il mondo cambia, aggredito dalla crisi economica. Ormai siamo consapevoli di vivere in un altro mondo. La macchia di latte nella tazzina di caffè costa ora dieci centesimi, gratis non c’è più nulla, si paga pure il mazzetto di odori dall’ortolano. Gratis mai più il prezzemolo, dall’ortolano sottocasa come al supermercato in fondo alla strada o nella piazzetta del quartiere di periferia. Hanno un prezzo anche gli stuzzichini che accompagnano l’aperitivo analcolico o alcolico servito nei bar di un certo tono. E non solo in quelli: ai tempi belli si erano adeguati anche i baretti. “Dobbiamo darci una regolata, anche il prezzemolo ha un costo”, ammonisce l’ortolano, con gentilezza. La faccia di circostanza a dimostrazione che questi sono tempi brutti. Tempi di crisi.
Si lamentano gli esercenti di bar e i commercianti. Perdono consumatori in ragione del fatto che i portafogli degli italiani si svuotano con una rapidità impressionante, alla velocità della luce. E si lamentano: le materie prime costano sempre più. “Anche di settimana in settimana. I latticini da pasticceria sono aumentati dal 7% al 10%”, informa la Confesercenti. I commercianti vorrebbero aumentare i prezzi, ma in questo caso sarebbero costretti a registrare la fuga dei consumatori. Perderebbero clienti. Si limitano quindi a cancellare l’abitudine al gratis. Fanno pagare ogni forma di aggiunta. Compresa la macchia di latte nella tazzina di caffè. Anche in assenza di regole precise. Ognuno fa come meglio crede. “La macchia costa dieci centesimi, anche se la si chiede in tazza grande”. In questo caso il caffè acquisisce l’aspetto di un cappuccino. La macchia si paga e in alcuni supermercati hanno cominciato a far pagare anche lo shopper. La busta di plastica per la spesa. “Vuole anche il sacchetto? Sì, allora lo paghi”.
I commercianti attribuiscono un’importanza molto relativa al costo della macchia di latte nella tazzina di caffè. Fanno sapere che il sedano costa a loro due euro in più al chilo e il prezzemolo è carissimo. Non c’è più religione: come facciamo a mettere il prezzemolo in tutte le minestre, noi italiani che di questo detto ne abbiamo fatto una regola di vita? Sissignori, anche in cucina: il prezzemolo ci entra dappertutto. Hanno un costo ora anche le ossa da brodo e il grasso dal macellaio. Prima si potevano avere gratis, in aggiunta alla spesa per la carne. Addio cortesie. Allora? “I prezzi non possono essere aumentati, le persone non hanno soldi. Dobbiamo stare attenti a non sprecare nulla”. I macellai risparmiano, almeno ci provano, ad accendere dopo e a spegnere prima l’illuminazione del banco. La macchia di latte a pagamento nel caffè e massima attenzione a non praticare sconti. Neppure quelli minimi, i cosiddetti arrotondamenti. Prima di questo irreparabile e infinito tsunami economico, dieci euro e dieci centesimi venivano dal commerciante arrotondati a dieci euro. Un segnale di cortesia anche quello; oggi nessuno si preoccupa più di apparire cortese. Il caffè macchiato ha un costo diverso rispetto al caffè normale. Dieci centesimi in più, laddove sul banco dei bar si assiste al ritorno in pompa magna delle vecchie, nostalgiche, indimenticabili patatine. Spiegazione: molti baristi non possono più permettersi di offrire montagne di stuzzichini. Il tempo dello scialo se n’è andato, è finito. Al bar, dall’ortolano, al supermercato. Siamo messi male. Così è se vi pare.
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