Dall’Alitalia all’Ikea, dai supermercati ai centri commerciali, un mare di proposte per chi cerca lavoro rimangono probabilmente inevase, in un’Italia di giovani disoccupati che protestano e inveiscono senza soluzione di continuita’ sui media e nelle piazze, coccolati e inseguiti dai giornalisti, animati dal sacro furore sfascista.
Perche’ i nostri ragazzi hanno studiato (nel senso che sono andati a scuola), hanno in mano un titolo (nel senso di un pezzo di carta), non possono accontentarsi di lavori subalterni (nel senso di stipendio flessibile e impegno inflessibile), nemmeno per iniziare a emanciparsi dalle famiglie superprotettive.
E allora? Pur di non cedere il proprio status di diplomato qualificato (nel senso di un indirizzo di studi "qualunquemente" frequentato), i tanti figli usciti senza infamia e senza lode dalla scuola di animazione che ha sostituito quella di formazione, si inventano imprenditori. E con la liquidazione del papa’ e la colletta di tutta la famiglia comprano l’ennesima attività commerciale puntando al successo economico e a una possibile scalata nella società dell’apparire. Fioriscono gelaterie, pizzerie, trattorie, "boutique" (fa più chic) della scarpa, del capello, della carne, del tortello. Tutte a distanza ravvicinata, sulla via principale, a dividersi una torta già ampiamente ridotta da una crisi senza precedenti.
Negozi che sopravvivono per lo spazio di un mattino, quei due mesi di maggior flusso turistico, poi muoiono lentamente con l’autunno alle porte.
Liberalizzare e’ la parola d’ordine dei nuovi guru della nuova politica: consentire a chiunque di avvicinarsi alle stesse mammelle da succhiare all’infinito. Vivi l’oggi, ignora il domani.
Non sono più i tempi delle "mille lire al mese" e mille euro al mese fanno schifo ai figli del consumismo sfrenato, soprattutto se prevedono applicazione e fatica: eppure i loro padri con quelle mille lire hanno saputo costruire il futuro magari sacrificando qualche desiderio, cosa impensabile per le nuove generazioni sempre insoddisfatte da desideri sempre soddisfatti.
Anche in tempi grami, chi ha fatto tesoro del talento delle proprie mani o dell’impegno a far crescere tradizioni familiari anche modeste, ha trovato la propria fortuna. Che poi non e’ fortuna, ma merito.
Dove sono finiti gli artigiani, i sarti, i falegnami, i fornai, i meccanici, gli elettricisti, gli idraulici? Non è il lavoro che manca, mancano i lavoratori.
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