Gli eventi sono in caduta libera. Incidono le sponsorizzazioni, praticamente sparite. E incide la crisi, in giro non c’è una lira. Paese in possesso di fantasia, all’Italia riesce difficile, problematico, trovare il guizzo. Ovvero i soldi per mettere su eventi. L’organizzazione era una nostra prerogativa, fino a qualche anno fa. Siamo diventati un Paese povero, anche se provvisto tuttora di fantasia e smania di fare. Ma la buona volontà non basta più. Gli italiani sono in fuga da tutto, dagli eventi peraltro sempre più rari, dal cinema, dai musei. Intanto, è diminuito anche il potere attrattivo dei beni e delle eccellenze d’Italia sui turisti stranieri. Per quanti ci riguarda, come cittadini di questo Paese in ambasce, pesano i risparmi delle famiglie. Sempre più esigui.
In Italia la spesa per la cultura è precipitata per la prima volta. Tre miliardi di meno in un anno: continua la fuga da musei e cinema. Siamo gli ultimi in Europa, la maglia nera della cultura, noi che di cultura ci siamo sempre nutriti e l’abbiamo offerta in pasto agli altri, esportandola in ogni angolo del pianeta. Proprio così, ultimi. Uno virgola uno il Pil dell’Italia nel 2011; 0,6 l’incidenza della cultura sulla spesa pubblica, desolatamente alla pari con la Grecia e una linea sotto alla Germania. Lontane e fuggitive Islanda, Ungheria, Slovenia, Olanda. Superfluo scrivere percentuali e quant’altro: siamo i fanalini di coda. Complice la crisi, ora siamo un po’ più ignoranti. Leggiamo di meno, dobbiamo privarci di andare al cinema e al teatro. Abbiamo fatto tagli sulla musica, ormai rassegnati alla perdita progressiva del bello. Non una questione di calo dell’estetica in ognuno di noi. Siamo stati costretti a rinunciare anche al consumo della cultura, dovendo stringere la cinghia per altri consumi. La spesa che le famiglie italiane destinavano alla cultura era cresciuta in maniera esponenziale fra il 2001 e il 2011, con un poderoso più 26,3%.
Prendiamo i libri. In Italia sono attive 261 case editrici. Hanno pubblicato 81.300 libri per un totale di 620 milioni di copie. L’offerta è importante, sempre più debole la domanda. In Italia si legge sempre meno. Sul piano culturale siamo diventati prigionieri della rassegnazione. Non diamo più segni di vitalità. La spesa che i cittadini italiani destinano alla cultura è scesa da 72 miliardi del 2011 a 68,9 del 2012. Il trend in netto calo è presente e raccontato nel rapporto della Federculture, l’associazione delle aziende pubbliche e private che operano nel settore. Il bilancio è negativo: diminuiti dell’8,2% il numero degli italiani che vanno a teatro. Scoraggiante e parimenti significativa la presenza a musei e mostre, stabile sul 6% in meno. Non rinunciate, vi prego, a guardare e sentire. Il numero degli italiani che vanno ai concerti di musica classica è diminuito del 23%. Si è svuotata la platea, piena di gente fino a due anni fa. C’è una poltrona vuota su quattro. Un pianto anche le mostre. Il confronto con le altre capitali offre sconsolanti visioni. Le mostre organizzate a Roma hanno attratto 1,3 milioni di visitatori; 3,6 quelle di Parigi, New York 3.9, Londra 4,3. Come se l’Italia avesse improvvisamente perso il suo storico potere attrattivo. Disastroso l’effetto sul turismo nel 2012: l’Italia è scivolata fuori dalla top ten del Country Brand Index, che misura ogni anno il valore del marchio-Paese nel mondo. Eravamo decimi, siamo scesi di botto al quindicesimo posto. Di chi la colpa? Della crisi devastante, come detto, e poi?
La spending review ha dimagrito in maniera pesante gli investimenti statali in cultura, scesi allo 0,2 del bilancio totale dello Stato. Pesanti tagli hanno effettuato anche i Comuni, schiacciati dalla necessità di risparmio. Tagli dell’8%, a fronte di quelli del 13 operati dalle amministrazioni provinciali. È crollato il mercato delle sponsorizzazioni, meno 8,2 rispetto al 2011. Giù del 18,8 i contributi di banche e fondazioni bancarie. Le aziende si sono limitate (oh, dolce eufemismo) ad un meno 11%. Una discesa negli inferi, a ben vedere. Le famiglie italiane, per ricreazione e cultura, nel 2012 hanno speso 68 milioni e mezzo euro, a fronte dei 72 spesi nell’anno precedente. I responsabili di Federculture ritengono tuttora presente e importante la voglia italiana di cultura. “La verità è un’altra: manca una strategia”. Una politica della cultura, che manca da anni. Causa una classe politica incolta e arretrata. “Non ha capito che in tempo di crisi la porta della cultura deve restare aperta. Se siamo usciti dal dopoguerra, se siamo entrati con merito nel G8, lo dobbiamo all’identità conquistata e alla crescita culturale, sociale ed economica”.
Il rapporto di Federculture è uno sprone ad agire con immediatezza. Fare presto, sbrigarsi. La bellezza italiana, le bellezze che abbiamo non bastano più. Se non ci diamo da fare, rischiamo di scivolare ancora più indietro e di non recuperare mai più. La maglia nera della cultura è una vergogna, non un’originalità. Pensiamoci. E guardiamo con occhi giusti questa fuga italiana da cinema, musei, concerti, libri.
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