C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico: il nuovo è che Silvio Berlusconi finalmente mostra il suo vero volto, dopo averci inebetito per anni con la favola della sua rivoluzione liberale e del "Paese che amo". Certo, sappiamo bene come l’avvicinarsi della vecchiaia renda deboli e sclerotici gli umani: senectus morbus, soprattutto per i potenti che tifano per la gerontocrazia e non si rassegnano a passare la palla. L’antico è l’idea che "si stava meglio quando si stava peggio" e che tempi così tristi e privi di valori fanno rimpiangere il passato. Ma non disperiamo: abbiamo la sensazione che il Cavaliere, temerario emulo di Cesare, abbia voluto oltrepassare il Rubicone perchè ancora convinto della sua invincibilità; senza però aver valutato a pieno la fedeltà del suo esercito e il limite di sopportazione del popolo che pure lo ha amato e gli ha perdonato molti errori.
I sondaggi gli dicono che è in testa? Si metta in testa piuttosto che le intenzioni di voto cambiano alla velocità della luce e che i molti elettori che non vogliono andare a sinistra intravedono proprio in questi momenti nuove occasioni di offerta tra quei dirigenti del PdL, i più onesti e sensibili al destino del Paese, che non vogliono più vivere la loro esperienza politica con il cappio al collo tenuto stretto da un leader incapace ormai di uscire dalle sue questioni personali.
Abbiamo sentito le parole di Quagliarello sulla situazione venutasi a creare dopo il diktat di Berlusconi, e abbiamo apprezzato la sua moderazione, la sua autentica vocazione di politico al servizio del bene pubblico, il suo rifiuto di aderire ad un nuovo partito padronale, di cui ha condiviso gli ideali ma che nel tempo si e’ "geneticamente modificato".
Ci aspettiamo che anche Alfano si smarchi da quel sentimento di eterna gratitudine certamente apprezzabile, ma che fa a pugni con l’autonomia di pensiero e di azione. Talvolta è necessario "uccidere" i padri e non sarebbe tradimento.
Seguiremo gli sviluppi di una situazione in continuo divenire, stando attenti già da domani a quello che si dirà in Parlamento e al comportamento dei singoli, distinguendo i servi dai liberi, in un passaggio delicatissimo per i destini del Paese. Che non si può ridurre al destino di un solo uomo.
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