Chissa’ se il dossier che i ‘saggi’ presenteranno venerdi’ a Giorgio Napolitano potra’ aiutare Pier Luigi Bersani a trovare una rosa senza spine. L’impressione e’ infatti che il disgelo con il centrodestra debba essere alimentato da una serie di passi concreti sulle cose da fare. Roberto Maroni lo fa capire chiaramente quando si dice piu’ interessato al programma del governo che al nome del futuro capo dello Stato: il sottinteso e’ che trovare un garante senza un percorso da garantire non avrebbe senso. Dunque la bozza che i dieci saggi sottoporranno al presidente della Repubblica potrebbe rivelarsi decisiva nell’individuare il punto d’equilibrio: in fondo, come osserva Maurizio Sacconi, tra Pd e Pdl ci sono gia’ molti punti di contatto sulle riforme economiche e anche su alcune riforme istituzionali (la riduzione del numero dei parlamentari e i tagli ai costi della politica). Lo scoglio resta la legge elettorale, come hanno dimostrato le tante trattative fallite. Ma lo ‘scheletro programmatico’ che Napolitano potrebbe presentare a Bersani e’ comunque una base negoziale dalla quale partire.
Il vero nodo e’ la sua gestione. Il segretario democratico e’ fermo nell’escludere la possibilita’ di un governo insieme al Pdl: soprattutto perche’ non sarebbe in grado di garantire la tenuta del partito su questa linea. Ora, la speranza di Bersani e’ che il Cavaliere possa prima o poi accettare la strategia ventilata da Maroni: appoggio esterno per un governo limitato di scopo e ritorno alle urne tra l’autunno e la primavera prossimi. A coprire un’intesa di questo tipo dovrebbe essere l’accordo per il Quirinale: su un nome non ostile alla destra (dunque non Prodi) e forse non proveniente dalla politica (come per esempio Giuseppe De Rita, presidente del Censis).
Inutile negare che si tratta di un percorso impervio. Intanto perche’ Bersani deve fare i conti con la crescente dissidenza di Matteo Renzi che lo accusa di averlo escluso dalla lista dei grandi elettori per il Colle e si augura che si torni presto alle urne; e poi perche’ anche la pressione dei grillini e delle loro ‘quirinalie’ potrebbe creargli qualche imbarazzo.
Grillo parla di un ‘inciucio a porte chiuse’ tra Pd e Pdl tra i lazzi della rete che gli ricorda come anche il Movimento 5 Stelle si sia rinchiuso in un casale per decidere la propria strategia senza orecchie indiscrete; pero’ la tentazione del comico genovese di puntare sul nome di Prodi rischia di scompigliare i piani dei democratici. Cio’ spiega perche’ la strategia bersaniana assomigli sempre piu’ ad un work in progress. Nella mente del segretario c’e’ anche un’altra preoccupazione. Se ne fa interprete Stefano Fassina quando parla della ‘amarissima sorpresa’ lasciata in eredita’ da Monti ai prossimi governi: manovre da un punto e mezzo di Pil all’anno per tenere in pareggio il bilancio e dieci punti di Pil persi rispetto al 2011 sul debito pubblico. Altro che risanamento: all’orizzonte si profila una super-austerity che e’ in rotta di collisione con tutto cio’ che ha sostenuto il centrosinistra in campagna elettorale. Ne deriva che per il Pd potrebbe essere molto difficile gestire la prossima fase di politica economica: mentre il centrodestra ha la teorica opportunita’ di tenersene ai margini per incassare un dividendo elettorale. Cio’ rende impossibile qualsiasi pronostico mentre dilaga la ‘questione sociale’ denunciata dal presidente del Senato. Il ritorno alle urne non e’ dunque un rischio del tutto scongiurato.
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