In Italia ci sono almeno due milioni di cittadini indigenti. La notizia non è di oggi, ma neppure di ieri. La disoccupazione è iniziata a farsi preoccupante già da qualche anno. Ora c’è solo da rilevare che l’Esecutivo tenta di fronteggiarla, ma in modo inadeguato. Del resto, essa rappresenta il rovescio della medaglia di un’economia “malata” e curata solo in modo sintomatico. Tanto da non guarire.
Tra l’altro, non abbiamo ancora potuto stimare gli annunciati provvedimenti per rilanciare l’occupazione. Certo è che il lavoro a tempo “indeterminato” non è nelle linee del programma Renzi. L’occupazione, quando ci sarà, non risolverà i problemi di chi intende fare dei progetti a lungo termine. Distanziandosi i tempi lavorativi, con la riforma del nostro sistema previdenziale, entreranno in crisi anche le rendite vitalizie, si ridurranno a valori sempre meno consistenti e la vecchiaia, per chi ci arriverà, sarà l’ultimo atto di una vita spesa nell’attesa di una ripresa inaccessibile. Attingere da chi ha ancora un reddito certo, è semplice. Scoprire quelli occulti è ancora un’impresa. In ogni caso, chi ha avuto ha avuto e chi ha dato, ha dato. La demotivazione è comprensibile.
Se si esclude la Grecia, non esiste Paese UE nelle nostre stesse condizioni. Nella Penisola si vive un’atmosfera d’inconciliabilità. Gli ultimi fuochi brillano ancora e chi ha qualcosa, giacché risparmiare, significa rimetterci, investe in periodi “feriali” che non si ripresenteranno più. La favola della formica e della cicala non insegna più nulla a nessuno. Chi è stato “formica” non riesce più a tirare avanti. Chi è stato “cicala”, almeno, avrà un patrimonio che nessuno potrà sottrarre: i ricordi dei tempi belli andati.
Il concetto è chiaro: vivere alla giornata è meno rischioso che a medio termine. Per chi non ha nulla, nessuno s’interessa. Per chi ha qualcosa, il meccanismo fiscale saprà fare la sua parte. La Penisola dei controsensi non riesce a trovare scappatoia né interna, né internazionale. Gli italiani, progressivamente, sono cambiati. Da popolo di “musica e canto”, si sono trasformati in popolo con “risorse” limitate.
Accanto alla crisi, che da noi è vissuta diversamente che altrove, si è inserita una filosofia che non è mai stata delle nostre genti. Non è possibile essere ottimisti, quando il futuro resta incerto e la politica, sempre più impossibile viatico, è inquinata da una serie d’eventi che ci fanno tornare a fatti che avremmo preferito obliare. In allora, pur con una situazione economica assai meno compromessa, i sintomi del declino erano iniziati proprio come quelli che stiamo rivivendo. Quali saranno le scelte per evitare un drammatico “flop”già dal prossimo anno? Se la situazione non assumerà altra piega, il dilemma della politica nazionale potrebbe perdurare. Perché con l’agonia di questa Terza Repubblica, della quale abbiamo spesso dubitato dell’esistenza, il sistema politico italiano andrebbe a naufragare senza speranza.
Sono questi i fatti che Renzi ben conosce e tenta di “sorpassare”. Col prossimo anno, anche questo Esecutivo, non nato dalla volontà popolare, dovrà dimostrare l’effettiva validità delle sue strategie. In caso contrario, non resisterà sino alla data che l’ex Sindaco di Firenze ha, da subito, ipotizzato.
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